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“Io sono Lui.”
Gli autori nordici mi piacciono particolarmente, ma la criminologia islandese mi mancava.
Siamo nel centro di Reykjavík, nel quartiere di Nordurmyri, località che letteralmente significa palude.
E’ ottobre, Reykjavík è buia, fredda, cupa, piovosa, ventosa, quasi lugubre; ambientazione perfetta per questo romanzo che più giallo non potrebbe essere.
Prosa asciutta ed essenziale quasi scarna. Mi riporta ad Henning Mankell e al suo narrare in modo così impersonale. Senza fronzoli o situazioni eccessivamente dette o mostrate, dialoghi ridotti al minimo. Mancano slanci di amicizia, tenerezze, rapporti saldamente costruiti. Una penuria di dettagli che mi lascia leggermente insoddisfatta. Descrivere in pochissime parole.
Questo è il terzo romanzo della serie, il primo tradotto, mi viene il dubbio che nei primi due qualcosa in più venga svelato, ma non ci giurerei.
Il commissario Erlendur Sveinsson non è un affascinante uomo, non nel senso letterale del termine, almeno.
Cinquantenne, divorziato da tanti anni, ha interrotto i contatti con moglie e figli quando erano ancora piccoli. Di lui sappiano che ha una situazione familiare complicata, che è solo, che non mangia piatti cucinati da chissà quanto tempo e spesso indossa gli stessi abiti e dorme vestito sul divano.
Vive in un bilocale stracolmo di libri, nessuna foto della sua famiglia a tenergli compagnia, solo il triplo bip del forno a microonde.
La figlia, Eva Lind, tossicodipendente sempre alla ricerca di denaro.
Il figlio, Sindri Snaer, ormai al terzo ciclo di disintossicazione dall’alcol.
Agli inizi della carriera alla polizia investigativa, è stata Marion Briem a insegnargli tutto. Una donna di grandissima esperienza accumulata in una vita di indagini di routine. Memoria infallibile. Ancora oggi che è fuori dal giro ricorda tutto dei vecchi casi su cui ha lavorato. Anche di questo caso conserva ricordi abbastanza nitidi.
Non mi è mai capitato di provare autentica ammirazione per la capacità dell’autore nel descrivere situazioni psicologicamente toccanti, infondere quel pizzico di sana paura e insicurezza tanto da pensare…mah forse leggere così al buio non è il caso, magari una luce l’accenderei!!!! Sarà che non ho mai letto horror… erano queste le sensazioni che mi sarei aspettata di sentire leggendo ad esempio Lovecraft.
All’indagine principale si intreccia una sparizione a prima vista ad essa totalmente estranea; a rafforzare la tesi, semmai fosse necessario, che molte verità vengono nascoste sotto una palude di menzogne, di segreti inconfessabili…al limite del macabro. E non solo.
Insomma un romanzo da leggere, che pian piano si svela nel finale, ma volontariamente, nel senso che il punto interrogativo ad ogni costo non mi sembra sia l’obiettivo principale dell’autore, quanto quello di costruire una storia intricata, complessa, risalente a tanti tanti anni prima, senza sensazionali colpi di scena, ma certamente piacevole e suggestiva. In alcune ambientazioni anche troppo.
Io una lampada me la sono accesa…così…per aver tutto più chiaro intorno a me…
“Dal terrore dei nemici custodisci la mia vita.” Salmo numero 64 di Davide.
Buone prossime letture a tutti.
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E a me queste ambientazioni piacciono da impazzire.
Buone prossime letture
Mariangela :)
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