Dettagli Recensione
Un gelato con Annie,Paul,Stephen (e Madame Bovary)
Paul si sta svegliando. È un risveglio faticoso, lungo e nebuloso. Stenta a ricordare che cosa sia successo, a capire dove si trovi ed anche di essere sveglio. Viene persino rianimato e poi lentamente emerge dal sonno. Ha dormito a lungo e non “naturalmente”, è ferito, ogni movimento gli costa tremende sofferenze; giornate intere mancano all’appello della sua memoria.
Infine arrivano le spiegazioni: ha avuto un incidente stradale, alcune settimane prima.
E Annie Wilkes, che gli fornisce le spiegazioni, lo ha trovato e soccorso.
Ma non ha chiamato un’ambulanza e neppure la guardia medica.
Lo ha portato a casa sua e lo ha curato lei stessa.
È un’infermiera.
Un’ex infermiera, per essere precisi.
Ma Annie è molto di più. È la fan “numero uno” di Paul.
Perché “Paul” è Paul Sheldon scrittore molto popolare che stava – con successo – cercando di grattar via quell “popolare” dall’etichetta di “scrittore”.
“Popolare” è dovuto in gran parte dalla sua creatura letteraria più famosa, Misery Chastain, eroina ottocentesca sexy e virtuosa.
Ma Paul è, e sa di essere, uno scrittore di razza, quindi, nell’ultimo episodio della serie, ha fatto fuori (con il parto) la dolce Misery e ha scritto un libro nuovo che mette davvero in luce le sue doti.
Misery è andata bene per pagare i conti, ma adesso Paul vuole fare sul serio.
E ha scritto “Bolidi”.
Da questo momento in poi la trama è un crescendo di tensione ed orrore.
Annie è una psicopatica con un passato da serial killer, ed avrà modo di aggiornare il curriculum prima della fine delle pagine.
E Annie ancora non sa della morte della sua eroina.
Non appena ne verrà a conoscenza le cose per Paul si metteranno molto male.
Dovrà resuscitare Misery con il solo aiuto di una vecchia macchina da scrivere a cui manca la lettera n, e dovrà anche farlo in modo onesto e plausibile. Dovrà distruggere il suo nuovo romanzo. Sarà costretto a sopportare fame, sete e dolore. Dovrà assistere impotente alla follia di Annie; sarà torturato e mutilato.
Ma se fosse tutto qui, sarebbe una “banale” storia dell’orrore.
Invece in Misery i protagonisti sono altri due: la lettura e la scrittura.
La scrittura è il “demone” in cui precipita Paul quando trova “il buco” nella pagina e la storia della resurrezione di Misery comincia a girare nel verso giusto (tanto che quando arriva l’inaspettata salvezza, per un piccolo istante il nostro è seccato di dover smettere di scrivere).
La storia si può leggere quasi come un “canto d’amore” alla scrittura, che – di fatto – salva Paul dalla follia.
Ma oltre a ciò è anche un ritratto piuttosto realistico della figura dello scrittore con le sue nevrosi, paure, miserie e sofferenze. Artigiano ed imbalsamatore delle storie che racconta lo scrittore può ben poco, oltre l’essere sempre perfettamente consapevole di quello che sta facendo.
Non può fare a meno di rispondere Sì! Al Gioco del “Puoi”, ma questo non toglie consapevolezza, anzi. Sa se sta venendo un buon lavoro o una schifezza. Se può funzionare o no. Sa se non ha idea di dove andare a parere («"non essere del tutto sicuro" era uno degli angoli meno graziosi del purgatorio riservato agli scrittori che filano a tavoletta senza la più pallida idea di dove stanno andando.»).
Chi abbia scritto anche solo un tema sa perfettamente di cosa si sta parlando.
Come la Scrittura “salva” Paul, allo stesso modo, la gemella Lettura condanna Annie.
La prende alla lontana e ci mette il suo tempo, ma di fatto è il bovarismo di Annie a permettere a Paul di salvarsi (fra l’altro il modo in cui avviene – non voglio spoilerare – quanto è potentemente evocativo e quanto ribadisce l’assoluta “colpevolezza” della Lettura?).
In definitiva in Misery c’è una storia pazzesca, scritta alla perfezione e il tutto quasi in secondo piano di fronte all’inno alla scrittura.
Chi non lo avesse letto, ponga rimedio!
PS
So che – almeno nel nostro miserrimo paese – King la fama di “scrittore popolare” non se l’è ancora grattata via di dosso. Come, in genere gli scrittori “di genere” siano essi di fantascienza, di gialli, di horror, di noir, di fantasy o – tout court – donne.
Baggianate.
Chi avesse dubbi vada a leggersi l’inizio di «E Johnny prese il fucile» e quello di «Misery».
Non lo scopro io e King non ha bisogno della mia perorazione.
Però, dal momento che anch’io mi chiamo Annie, e non è un caso… meglio stare buoni.
:)
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La tua bella recensione mi ha fatto capire che nel libro c'è qualcosa di più del semplice 'horror' . Non conosco l'autore a causa del mio pregiudizio sui libri che vengono etichettati in un sottogenere. In effetti, però, la lettura di "Dracula" , di Stoker, è stata una bella e inaspettata sorpresa.
Grazie mille :)
Credo che tu abbia ragione, penso che in molti romanzi con scrittori protagonisti King metta molto di sé.
Forse è inevitabile. Leggo che mentre scriveva Misery viveva un periodo molto buio, fra alcol e droga... una mente che studia sé stessa? Chissà!
Grazie, sono contenta che ti sia piaciuta.
Certamente in questo libro c'è molto più dell'horror (e credo che sia il motivo per il quale, molti anni fa, il film non mi piacque, per ovvie ragioni inserirvi la riflessione sulla scrittura sarebbe stato estremamente complesso). Purtroppo, per motivi che non so, ma su cui potrebbe essere interessante riflettere, la letteratura "di genere" viene etichettata come "facile". Da leggere e da scrivere.
Sarà perché circolano "libri" di genere che sono immondo ciarpame, ma la stessa cosa vale per i generi impegnati, secondo me.
Citi a ragione Bram Stoker, a me sono venuti subito in mente Shirley Jackson e David Morrell.
Io personalmente rimango del parere che esistano buone storie e cattive storie che poi evolvono in libri scritti bene o scritti male. Fatti naturalmente salvi i gusti personali.
Però se dai un morsetto ad uno di questi autori, sarei molto contenta di sentire la tua opinione "dopo".
A presto e buone letture!
Quando ho finito di leggere la tua recensione, ho sperato di poter concordare con essa.
Be' è successo.
:)
Per il resto, non so se sia cos anche all'estero, ma qui da noi c'è molto ansia di dare etichette e patenti di "scrittori popolari" e "scrittori impegnati". E lo stesso giudizio cade poi sui generi letterari e sui lettori.
Non sarebbe una cosa grave se non contribuisse a tenere lontanti tanti lettori a libri che potenzialmente potrebbero amare molto. Da giovane lettrice sono stata anch'io vittima di questi pregiudizi, poi per fortuna son tempi passati!!
Secondo me, i libri che vanno oltre il sottogenere commerciale dovrebbero essere etichettabili non negli angusti recinti del "giallo"... Non si possono inserire così, ad esempio, i libri di Sciascia o "Il nome della rosa" di Eco. Sarebbe troppo restrittivo.
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Bel commento e condivido la tua analisi sul fatto che la vera protagonista del romanzo è la scrittura, con le sue difficoltà e i suoi vertici sublimi. Inoltre penso che sia un libro estremamente biografico in cui King, per mezzo dell'alter ego Paul, comunica e rende note al lettore la sua pluriennale esperienza con la scrittura, le sue paure e le sue gioie.