Dettagli Recensione
Colpevole od innocente?
“In difesa di Jacob” è un romanzo scritto in prima persona, dove è Andrew Barber, padre di Jacob, a parlare. Andy, vice procuratore distrettuale, coordina un caso di omicidio avvenuto nel parco, ai danni del compagno di classe del figlio: Ben Rifkin viene ritrovato accoltellato a morte una mattina, mentre si dirigeva a scuola. Successivamente, Andy verrà sollevato dall’incarico per un evidente conflitto di interessi, perché tutte le prove sembrano vertere su Jacob. Da qui l’odissea legale ed il declino fisico e psicologico della famiglia Barber, che dovrà affrontare sospetti e spettri del passato che sembrano riemergere con prepotenza, sino alla sentenza definitiva.
Lo stile di William Landay è buono, scorrevole e visivo, descrittivo a tratti ed essenziale in altri. Sa però emozionare, sa incuriosire, sa far nascere le speranze per poi cancellarle col paragrafo seguente e farle nuovamente riemergere al capitolo successivo. Le parole sono al posto giusto (tranne qualche ripetizione cacofonica sparsa qua e là) e tengono il lettore incollato alle pagine sino al finale.
La trama, in sé e per sé, non è complessa, ma eviscera una comunissima indagine per omicidio. Scorrevole e lineare anche a livello cronologico, è capace però di destare curiosità nel lettore, che continuerà a chiedersi: “Colpevole od innocente? Innocente o colpevole?” sino alla fine. I colpi di scena sono scarsi, ma è pur vero che un legal-thriller ambientato per almeno tre quarti in tribunale non offre grandi spunti d’azione.
A mio modestissimo parere, mancano alcuni particolari che renderebbero il libro più realistico. Non starò ad elencarli, perché detesto lo spoiler, ma penso che l’autore avrebbe dovuto dare qualche informazione in più. Ad esempio, un lettore si attende si conoscere come si comporteranno i Barber con Dan Rifkin, il padre del ragazzo ucciso, invece viene liquidato come se nulla fosse accaduto (leggete il libro e scoprirete il mio dubbio); oppure penso che sarebbe stato razionale sapere se Andy Barber ha o meno mantenuto i rapporti circostanziali col padre Billy, o se è tornato a seppellirlo dentro di sé.
Un’ultima piccola nota negativa, per me, è il finale. Indubbiamente umano, certamente possibile, sicuramente in linea con l’indebolimento della fiducia su cui si dovrebbe sempre basare una famiglia… ma a me ha lasciato l’amaro in bocca. Non che trovo l’epilogo sbagliato, ma in fondo me l’aspettavo diverso.
Lo consiglierei? Sì. Buon legal-thriller, personaggi ben strutturati e curiosità del verdetto sempre presente.