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Cosa ci fa Bridget Jones in Svezia?
Un’ambientazione suggestiva. Un inizio intrigante.
La biografa Erica Falck rimane coinvolta nel ritrovamento del cadavere di un’amica d’infanzia, una donna bellissima e fascinosa, che viene rinvenuta con i polsi tagliati in una vasca di ghiaccio. Una donna dalla vita apparentemente invidiabile e scintillante, che cela però se stessa, i suoi pensieri e i suoi segreti dietro un’inespugnabile barriera. Una donna vittima della paura di essere ferita.
L’indagine cercherà di svelare i silenzi, le violenze e il dolore che si nascondono dietro questa barriera, in un viaggio nell’animo umano che si snoda tra passato e presente.
Fin qui, tutto perfetto.
Eppure il ritmo non è all’altezza della storia. Troppi elementi vengono innestati con l’unico apparente motivo di soddisfare i diversi palati letterari: l’innamoramento per il simpatico poliziotto di provincia (ma cosa ci fa in Svezia Bridget Jones alle prese con ciccia e scelta delle mutande?), le storie avviate ma incompiute della sorella vittima di abusi familiari e dell’amico fedifrago, le macchiettistiche comparsate del borioso commissario di polizia, con annesso parrucchino cascante.
In questo modo la vicenda perde tensione e mordente e la soluzione arriva troppo “facile”, senza che ci siano offerti abbastanza spunti per immaginarci un diverso colpevole.
Il romanzo è comunque di qualità, apprezzabile soprattutto per aver saputo trattare temi difficili senza usare toni macabri o inquietanti ma lasciando emergere sentimenti “puliti”. Ne consiglierei quindi la lettura, a patto di non aspettarsi un giallo ricco di mistero e di tensione.
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