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Sherlock Holmes #2
“Il segno dei quattro”, pubblicato nel 1890, è il secondo romanzo con protagonista il detective più famoso della storia della letteratura, Sherlock Holmes.
Momentaneamente a corto di intrighi e misteri da risolvere, Holmes si mostra incline al consumo di cocaina, che sostiene di utilizzare in piccole dosi per mantenersi attivo e vigile.
Ben presto la richiesta di aiuto di una graziosa signorina, Mary Morstan, consente al protagonista e al fidato coinquilino dottor Watson di tornare in azione.
Al centro del caso stavolta ci sono un tesoro nascosto e un padre scomparso, tra la grigia Londra simboleggiata dai vapori del Tamigi e i tumultuosi paesaggi orientali dell’India, dove l’uomo aveva prestato servizio militare.
Anche in questo secondo capitolo della serie, così come era avvenuto ne “Uno studio in rosso”, Arthur Conan Doyle suddivide la storia tra due ambientazioni molto diverse tra loro.
La prima, Londra, che è sempre luogo di svolgimento dell’indagine nonché residenza di Holmes, e la seconda che serve a circoscrivere il fatto originario, il motivo scatenante del caso da risolvere.
In quest’avventura conosciamo meglio sia Sherlock, che a tratti appare più umano rispetto al precedente romanzo, che il dottor Watson. Intorno ad essi si muove la consueta schiera di personaggi secondari, tra i quali spiccano per simpatia i funzionari di polizia che affiancano i protagonisti nell’indagine e che ironicamente non brillano di particolare intuito.
Risulta ancora vincente la scelta collaudata di mescolare il genere investigativo ad un sapiente e tipicamente britannico utilizzo dell’ironia, ma rispetto al primo capitolo la trama è meno avvincente ed il genio di Holmes ha meno occasioni per essere esaltato.
La lettura resta comunque piacevole, a testimonianza di un personaggio e di uno scrittore entrambi intramontabili.