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Misery
 
Misery 2015-07-17 09:44:41 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    17 Luglio, 2015
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Il potere della parola scritta

Gli assiomi che seguono li ha ripetuti più volte lo stesso Stephen King, in diverse circostanze ed in tempi differenti: per scrivere occorrono talento, inteso come predisposizione innata a quell’arte, e la buona, persistente, tenace volontà di lavorare per farlo emergere, quel talento.
Occorre poi la passione senza fine, e con questo termine si vuole indicare la determinazione, quasi cieca cocciutaggine, che spinge l’autore ad esercitare mano e mente nello scrivere, incurante dei disagi inerenti a quest’assoluta dedizione, senza nemmeno curarsi se tale sforzo verrà alla fine in qualche modo premiato o meno, la passione di scrivere per lo scrivere in se.
Infine, buon ultimo ma non meno importante particolare, serve la conoscenza, non tanta l’esperienza teorica acquisita di ciò che si scrive, ma quella diretta, pratica, vissuta: insomma, è una verità parecchio evidente, e King non si stanca mai di suggerirlo, che si scrive meglio se si sa perfettamente di che cosa si sta scrivendo.
Non a caso quindi Stephen King ha scritto alcuni dei suoi libri migliori allorché ha riportato ciò che sa perfettamente, ha dato il meglio di sé allorquando i suoi personaggi principali sono, come lo è lui stesso, degli scrittori, mirabilmente ritratti e caratterizzati perciò nel loro veritiero essere.
Citiamo, ad esempio, lo Jack Torrance dell’ottimo “The shining”, il Ben Mears del magistrale “Salem’s lot”, è uno scrittore, e per giunta uno scrittore etichettato come maestro del genere horror, uno dei Perdenti del fantastico “It”; pure è uno scrittore il protagonista, tale Paul Sheldon, di quest’altro superbo lavoro di King, dal titolo “Misery”.
“Misery” è il nome di battesimo dell’eroina ottocentesca protagonista dei romanzi, del genere polpettoni rosa, editi a firma dello scrittore Paul Sheldon, che nel romanzo è un autentico alter ego di Stephen King.
Paul Sheldon è uno scrittore, come King nella realtà, premiato dal successo di pubblico e di vendita: è, infatti, uno scrittore di best seller, idolo di fedeli ed affezionati lettori d’ogni ceto e condizione sociale, appassionatissimi alla saga da lui stesso creata e che ha al centro l’eroina Misery Chastain.
Una saga dipanatasi tra diversi volumi, come tipico del genere, e che ha riportato tantissimo successo al punto che i fan letteralmente scandiscono il conto alla rovescia all’approssimarsi d’ogni nuova uscita del nostro.
Insomma, Sheldon non ha niente di cui lamentarsi, è a pieno titolo un membro dello star system, categoria scrittori: ha un ricco conto in banca, è amatissimo dal suo pubblico, che anela di conoscere quanto più possibile di lui, anche gli aspetti più personali e riservati, è questo il tipico dovuto prezzo da pagare da parte d’ogni celebrità.
Egli è, infatti, ad esempio, sempre braccato, riconosciuto ed inseguito dai fans, pressoché accerchiato ad ogni sua uscita pubblica, proprio come un divo del grande schermo, ed insomma, tutto sommato egli stesso ammette che, tra qualche disagio, Misery Chastain gli ha semplificato parecchio l’esistenza, assai più piacevole, invero, rispetto agli stentati inizi della lunga, dura, classica gavetta.
Il pubblico identifica pienamente Paul Sheldon con Misery Chastain, come soleva fare con Sir Arthur Conan Doyle rispetto a Sherlock Holmes o come Rex Stout rispetto a Nero Wolfe, ed insomma, nell’immaginario collettivo di un certo tipo di lettori, su cui la fantasia fa maggiormente presa, s’installa sempre più la credenza, assurda ma indelebile, che Misery Chastain è una realtà in carne ed ossa, anziché la trasposizione cartacea dell’immaginario dello scrittore.
All’ormai appagato Paul questo tipo di successo non è, però, più sufficiente; egli è stanco di scrivere dell’eroina che oramai l’ossessiona e che ha cominciato a detestare con tutto il cuore, egli sa di poter scrivere di meglio, di poter scrivere di più e meglio, di poter ambire, finalmente, ad un successo di critica, e non solo di pubblico, desidera ottenere un riconoscimento culturale, e non più solo di cassetta, del suo talento.
La critica ufficiale e seriosa dei soloni della letteratura, si sa, storce sempre un po’ il naso, avvilisce gli autori di successo popolare, etichettandoli come autori di letteratura che si vende, si, e però è “minore”; e Sheldon intende finalmente ottenere la “patente” di scrittore propriamente detto, i cui testi, magari, saranno un domani inclusi nelle antologie per le scuole.
Nell’ultimo romanzo della serie perciò, d’imminente uscita nelle librerie, Paul fa morire Misery, ne decreta lucidamente la fine, volutamente, e non senza un certo piacere, n’architetta e n’organizza la morte, decretando così la fine della saga e nel contempo dando inizio ad una nuova fase del suo iter artistico, decretando la nascita del nuovo Paul Sheldon, scrittore serio e maturo, che ha appena terminato “Bolidi”, il suo primo romanzo “adulto”, il suo primo senza Misery, senza la maledetta Misery che ne condizionava ormai lo scrivere e le idee, un romanzo quindi di tutto altro genere.
Mal gliene incoglie, deve fare infatti i conti con…i suoi fan numero uno.
Per intenderci, si racconta che quando, esausto per la dedizione che il suo personaggio richiedeva, Conan Doyle fece morire il suo eroe Sherlock Holmes, fu costretto a farlo risorgere ben presto a furor di popolo, scatenando una vera e propria rivoluzione degli appassionati delle avventure del detective inglese, che arrivarono a minacciare pesantemente lo scrittore, se non poneva rimedio a quella vera vigliaccheria, commessa non tanto nei loro confronti, ma invece contro l’amatissimo poliziotto privato, investigatore cocainomane e pessimo violinista, mai esistito nella realtà.
Accade lo stesso a Sheldon, messo brutalmente alle strette da una, chiamiamola così, sua fan particolarmente accesa.
Paul Sheldon utilizza allora il potere che risiede nelle dita d’ogni vero scrittore, allorché queste fluttuano sui tasti di una tastiera, una lettera dopo l’altro, seguendo l’estro, incantandosi in stato di trance e rilevando, dal centro di un buco nero, le lettere che magicamente s’infileranno sulla carta, in fila una dopo l’altra, lungo il rullo, dando senso compiuto all’immaginario dello scrittore.
Paul Sheldon utilizza magistralmente il potere della parola scritta, appannaggio e privilegio degli scrittori di razza.
Grazie a queste parole scritte, all’uso che ne fa, alla maniera in cui le tira fuori e le mette in un certo ordine, in quel particolare ordine, lo scrittore trasmette emozioni tramite le lineette tracciate sulla carta, Paul riesce nell’impresa di far rivivere Misery Chastain, ma di resuscitarla bene, in maniera credibile, fattibile, reale, senza ricorrere ai miseri trucchetti da deus ex machina, tipico delle avventurette riempitive dell’intervallo di un film in un cinemino da terza visione.
Paul scrive e scrive bene, sa che può farlo e lo fa, fa arte delle parole, e perciò le ammanta di magia, e conferisce a loro un potere irresistibile che avvince ed incanta il lettore, come ogni buon scrittore deve saper fare.
Con lui Stephen King, che ricorrendo all’artificio del corsivo, scrive un libro nel libro, ci permette di seguire in contemporanea la storia tragica, assurda ed irreale di Paul e la sua fan numero uno Annie Wilkes e quell’improbabile, retorica e romantica di Misery Chastain, avvincendoci con entrambe, come solo gli scrittori migliori sanno fare.
“Misery” è la dichiarazione d’amore ufficiale di Stephen King nei confronti del suo mestiere, è un atto di stima, di gratitudine, di riconoscenza che King tributa alla propria arte.
Un’arte difficile ed ingrata, che solo una gran passione permette di coltivare, di là delle difficoltà contingenti; ed ecco allorché la vecchia macchina per scrivere messa a disposizione da Annie comincia letteralmente a perdere i pezzi, saltano via i tasti delle lettere più usate, pure Paul Sheldon continua testardamente a scrivere, con cocciutaggine scrive e immette a mano le lettere mancanti, ed in questa determinazione, in questo fermo proposito di scrivere per lo scrivere, il lettore non può non intravedere la stessa forza d’animo e di proposito di scrivere in ogni caso del giovane e allora sconosciuto Stephen King, professorino d’inglese privo di mezzi, impiegato in una lavanderia per sbarcare il lunario, residente in una roulotte, privo di macchine per scrivere e word processor ma ricco di talento e della cieca determinazione che saranno gli ingredienti indispensabili per decretarne il successo.
Misery è un buon libro, con una struttura diversa dalle grandi storie corali, a più voci e più vicende intersecatesi, al quale lo scrittore del Maine ci ha in un certo senso abituato.
Ha una struttura più limitata, claustrofoba ed angosciante, che si svolge in pochissimi ambienti e con pochissimi personaggi, di cui due soli principali ed in scena la maggior parte del tempo.
In esso è messo all’indice tutto il meccanismo dello star system, l’estrema esagerazione di un sistema di profitto che, pur di accontentare gli utilizzatori dello spettacolo, gli acquirenti dei prodotti, crea veri e propri miti assurdi, rituali pericolosi, ossessioni, esagerazioni, fanatismo di cui possono restare vittima gli stessi primi attori.
Di cui anche King è stato vittima, ed in “Misery” egli con coraggio non esita a denunciare quest’oppressione e persecuzione di cui è fatto oggetto dai suoi fan più accesi, pure a rischio di inimicarsi i fedeli lettori.
Tuttavia, di fronte a cotanto autore, dobbiamo ammettere che noi stessi ci sentiamo di dichiararci senza remore “…il suo fan numero uno”.


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Consigliato a chi ha letto...
e a chi piace lo "scrittore" Stephen King, niente a che fare con il "re dell'horror".
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Commenti

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Non ho letto il libro, e dirò solo una cosa.
Mi auguro che sia all'altezza della tua recensione, Bruno :)
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Bruno Izzo
18 Luglio, 2015
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Anna cara, hai proprio deciso di farmi arrossire, vero? Grazie, in ogni modo!
In risposta ad un precedente commento
Anna_Reads
31 Agosto, 2015
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Adesso posso dirlo.
Il libro è all'altezza della tua recensione.
:)
In risposta ad un precedente commento
Bruno Izzo
01 Settembre, 2015
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Uff!....l'ho scampata bella! Grazie ancora, Anna!
4 risultati - visualizzati 1 - 4

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