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Perfidia
Invece di proseguire attraverso le perigliose ma stimolanti acque degli anni Settanta, la rivisitazione ellroiana della storia novecentesca degli Stati Uniti fa un improvviso salto all’indietro andando a seminare le radici di ciò che conosciamo già. Ecco allora questo librone di quasi novecento pagine – peraltro annunciato come l’inizio di una seconda quadrilogia di Los Angeles – che prende le mosse pochi giorni prima di Pearl Harbor e si conclude entro la fine del 1941. Uno dopo l’altro entrano in scena i personaggi che sono protagonisti soprattutto della prima quadrilogia (su tutti Dudley Smith e Bill Parker), ma che compaiono anche nella triologia intitolata Underworld USA (vedi la piccola parte di Ward Littell) per un cast complessivo a causa del quale, se in appendice non ci fosse una guida ragionata, il lettore rischierebbe seriamente di perdersi pure se è un affezionato dell’autore come il sottoscritto (in fondo, la lettura di ‘Dalia nera’ e seguiti data ormai a decenni fa). Come è consuetudine di Ellroy, le figure storiche si intrecciano con quelle di fantasia allo stesso modo in cui lo scorrere degli eventi conosciuto viene lentamente considerato sotto un punto di vista differente grazie alla contaminazione con ciò che è solo immaginato: l’inizio della guerra e la crescente isteria antigiapponese che porterà all’internamento si intersecano con le indagini sull’omicidio solo all’apparenza rituale di una famiglia di origini nipponiche a sua volta collegato con un piano di speculazione edilizia. Come se non bastasse, al tutto si aggiungono rivalità tra bande cinesi nonchè tra cinesi e giapponesi, il tentativo di incastrare un gruppo di ‘comunisti’, le immancabili lotte di potere all’interno di una polizia corrotta e violenta (in cui il buon Dudster ne combina impunito di ogni, ma gli altri non sono poi da meno) e le vicende di una ragazza del Midwest che attira uomini come il miele fa con le mosche. Il diario di Kay Lake, che ne racconta l’evoluzione, è peraltro una piacevole variazione sul tema – già in parte avvistata in ‘Il sangue è randagio’ – che porta la voce di una donna che, pur essendo tutto meno che una santa, finisce per far contrasto all’interno di un universo essenzialmente maschile in cui dominano gli aspetti negativi propulsi da un forsennato miscuglio di testosterone, avidità e benzedrina. In poche parole, il ben conosciuto mondo narrativo che lo scrittore losangelino è andato costruendo negli anni e, in special modo, con gli ultimi romanzi grazie a una lingua ritmata e senza fronzoli in cui si sviluppano dialoghi tanto serrati che paiono sempre tesi a esasperare le caratteristiche del noir, al punto che a volte lo scrittore esagera con le ellissi lasciando disorientati pur in un quadro complessivo in cui l’ossessività degli ultimi volumi risulta attenuata (a meno che non si tratti di un problema di traduzione). Se il periodare è meno assillante, l’umanità che viene raccontata è vista con il solito sguardo profondamente pessimistico che descrive i rapporti tra i personaggi segnati da violenza (molta violenza) e prevaricazione: il quadro plumbeo variegato rosso sangue è assicurato, ma l’effetto, a volte, lambisce pericolosamente i confini della caricatura involontaria, come nella Hollywood dipinta quale una sentina di pervertiti senza possibilità di eccezioni. Tra le conferme ellroyane può essere messo anche il finale forzato e non particolarmente eccitante, ma è ormai da un po’ che per lo scrittore gli scioglimenti delle intricatissime trame risultano meno importanti dello sviluppo delle stesse: problema meno grave, comunque, dell’eccessivo affastellarsi in poco più di venti giorni (e notti, qui nessuno dorme mai) di una serie di eventi non sempre brillanti o significativi. Insomma, Ellroy ha scritto di meglio e ‘Perfidia’ soddisferà soprattutto i vecchi tifosi senza però riuscire a reclutarne di nuovi: però lo sciupafemmine (pure troppo) Dudley Smith va assumendo una dimensione da ‘villain’ contrastato assai coinvolgente e sarà interessante vedere quel che succederà alla prossima puntata.