Dettagli Recensione
Una potente rete sotterranea che non si allentava
(Spoiler – Lieve)
Due sorelle vivono, con l'anziano zio invalido, nella vecchia magione di famiglia.
La loro vita tranquilla, passata fra le conserve da preparare, i ninnoli da spolverare e l'orto da coltivare, viene narrata dalla più giovane delle due, Mary Katherine, detta Merricat.
Merricat è una ragazzina che pare vivere in un mondo tutto suo, fatto di riti magici, bizzarre chiacchierate con il gatto Jonas, e i golosi piattini cucinati dall'amatissima sorella Costance.
Tutto quello che appartiene alla casa e al giardino è bello, luminoso e colorato.
Tutto quello che è fuori e grigio, cupo e ostile. A partire dal "masso nero" che segna il confine fra l'interno caldo, solare e colorato e l'esterno, minaccioso e senza colore.
Tutto è minaccioso, a partire dal paese, dove Merricat si reca due volte alla settimana per fare compere.
Le persone, anch'esse grigie, la guardano con insistenza, mormorano alle sue spalle, i bambini la prendono in giro, alludendo a qualcosa di orribile e misterioso, avvenuto sei anni prima.
Piano piano scopriamo che la il madre, il padre, il fratellino e la zia delle sorelle sono morti avvelenati sei anni prima, durante la cena, e che Costance – la sorella maggiore – è stata accusata (ed assolta) dall'accusa di essere la loro avvelenatrice.
L'arsenico, contenuto nello zucchero con cui erano serviti i mirtilli, ha miracolosamente risparmiato Costance (che non ama zuccherare la frutta) e lo zio che ne aveva usato pochissimo.
Merricat, quella sera, era stata mandata a letto senza cena.
Cominciamo con il consueto crescendo da brivido di Jackson. L'immenso amore di Merricat per la sorella, le conversazioni con il gatto Jonas, le fantasie sulla gente morta, i riti per tenere lontani gli estranei (seppellire oggetti, immaginare parole talismano etc) fino a creare un profondo scollamento fra un sorridente mondo infantile e il baratro di orrore che Merricat cela.
Interverrà un elemento estraneo a turbare il magico mondo di Merricat e l'ovattato isolamento di Costance. Questo elemento sarà il cugino Charles.
Non voglio spoilerare troppo, ma la vicenda avrà un crescendo di tensione e per un breve tratto sembrerà profilarsi la possibilità di un ritorno alla "normalità".
Invece non solo Merricat riuscirà a riportare le cose esattamente com'erano, allontanando dalla casa e dalla sorella tutto quello che percepisce come estraneo, ma rivelerà anche la verità sul misterioso delitto di sei anni prima.
Devo dire, in tutta onestà, che nonostante abbia trovato entrambi capolavori, forse ho preferito Hill House a questo romanzo.
Forse perché nella mia mente il mondo dell'infanzia è sempre e comunque inquietante, mentre quello degli adulti tendo a concepirlo come più razionale e prevedibile. Eleanor era l'orrore in una figura per altri versi comprensibile nel suo essere ordinaria e un po' sfortunata, con cui l'autrice ti porta ad empatizzare, mentre Merricat parte già con una certa quota di inquietudine. Bizzarra e infantile, ma sempre inquietante.
Si avverte subito la stranezza di Merricat, la sua fantasia di veder morire le persone che non le vanno a genio, il seppellire gli oggetti, l'immaginare dialoghi fittizi con i genitori morti.
C'è anche molta tenerezza in questa figura di diabolica bambina nei suoi propositi di gentilezza nei confronti dello zio Julian, nelle conversazioni con il gatto Jonas, negli scambi con la sorella Costance.
Non so. Forse ho visto Merricat come l'ennesima bambina diabolica, mentre Eleanor era l'orrore che potrebbe celarsi in ognuno, fatto di bugie, risentimenti e rancori, spesso senza ragione, che alla fine sconfinavano in una follia e che metteva decisamente in secondo piano l'orrore "vero" cioè quello di Hill House.
Nonostante ciò, Jackson rimane autrice davvero di razza, maestra di tensione e di "normalità" dell'orrore.
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Ed ecco l'epigrafe di Stephen King a "L'Incendiaria": «A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce».
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