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Il cane giallo
 
Il cane giallo 2015-06-22 18:41:44 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    22 Giugno, 2015
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Il cane giallo

Uscito agli inizi degli anni Trenta, il sesto romanzo con protagonista Maigret mette in mostra una serie di temi che Simenon non si stancherà mai di riproporre e approfondire nel corso degli anni e dei millanta libri che seguiranno: la cittadina di provincia come terreno di coltura ideale per i sepolcri imbiancati, la grettezza e la corruzione dei benestanti (siano essi borghesi arricchiti o famiglie di più antico lignaggio), l’umidità spessa e la pioggia battente che lasciano spazio solo raramente ai raggi del sole. In queste pagine siamo a Concarneau, Bretagna e, in special modo, nelle strade che si snodano accanto al porto o lungo un litorale ancora (per poco) incontaminato: la sonnolenza generale viene spezzata all’improvviso quando cominciano a essere presi di mira alcuni notabili che si riuniscono per giocare a carte nel miglior albergo del paese. Uno di loro si becca un’inspiegabile pallottola nella pancia così che, anche se per parecchio tempo non muore nessuno, Maigret, in temporanea trasferta a Rennes, viene spedito sul caso assieme all’ispettore Leroy: il commissario, oltre a dare l’impressione di prendere a volte in giro il proprio sottoposto, trascorre il suo tempo a guardarsi in giro e bofonchiare domande all’apparenza innocue mentre è impegnato a farsi un quadro della situazione. Il metodo è ben conosciuto a chiunque abbia frequentato il personaggio almeno una volta, anche se qui, a volte, il suo comportamento pare più autistico del solito per poi scartare all’improvviso sul fare della conclusione: sempre girando alla larga dall’aborrita deduzione, prima Maigret convoca tutti quanti in una sola stanza neanche fosse Poirot e poi, nel vero e proprio finale, lascia spazio a una burbera generosità d’animo altrimenti sempre ben nascosta. La descrizione ambientale, inclusiva di un sindaco rompiscatole e di giornalisti che arrivano come mosche man mano che la faccenda si complica, è assai brillante e si unisce in maniera egregia alla parte investigativa che coinvolge anche la vita difficile di una cameriera dell’albergo e il misterioso cane giallo che, oltre a intitolare il romanzo, svolge un ruolo quasi di psicopompo: il risultato è un libro che si legge in poco tempo, ma sa radicarsi nella memoria a testimonianza del livello già raggiunto dal suo autore che quando lo scriveva, non era neancora trentenne. Insomma, uno dei migliori fra i Maigret che ho letto finora.

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