Dettagli Recensione
Il cane giallo
Uscito agli inizi degli anni Trenta, il sesto romanzo con protagonista Maigret mette in mostra una serie di temi che Simenon non si stancherà mai di riproporre e approfondire nel corso degli anni e dei millanta libri che seguiranno: la cittadina di provincia come terreno di coltura ideale per i sepolcri imbiancati, la grettezza e la corruzione dei benestanti (siano essi borghesi arricchiti o famiglie di più antico lignaggio), l’umidità spessa e la pioggia battente che lasciano spazio solo raramente ai raggi del sole. In queste pagine siamo a Concarneau, Bretagna e, in special modo, nelle strade che si snodano accanto al porto o lungo un litorale ancora (per poco) incontaminato: la sonnolenza generale viene spezzata all’improvviso quando cominciano a essere presi di mira alcuni notabili che si riuniscono per giocare a carte nel miglior albergo del paese. Uno di loro si becca un’inspiegabile pallottola nella pancia così che, anche se per parecchio tempo non muore nessuno, Maigret, in temporanea trasferta a Rennes, viene spedito sul caso assieme all’ispettore Leroy: il commissario, oltre a dare l’impressione di prendere a volte in giro il proprio sottoposto, trascorre il suo tempo a guardarsi in giro e bofonchiare domande all’apparenza innocue mentre è impegnato a farsi un quadro della situazione. Il metodo è ben conosciuto a chiunque abbia frequentato il personaggio almeno una volta, anche se qui, a volte, il suo comportamento pare più autistico del solito per poi scartare all’improvviso sul fare della conclusione: sempre girando alla larga dall’aborrita deduzione, prima Maigret convoca tutti quanti in una sola stanza neanche fosse Poirot e poi, nel vero e proprio finale, lascia spazio a una burbera generosità d’animo altrimenti sempre ben nascosta. La descrizione ambientale, inclusiva di un sindaco rompiscatole e di giornalisti che arrivano come mosche man mano che la faccenda si complica, è assai brillante e si unisce in maniera egregia alla parte investigativa che coinvolge anche la vita difficile di una cameriera dell’albergo e il misterioso cane giallo che, oltre a intitolare il romanzo, svolge un ruolo quasi di psicopompo: il risultato è un libro che si legge in poco tempo, ma sa radicarsi nella memoria a testimonianza del livello già raggiunto dal suo autore che quando lo scriveva, non era neancora trentenne. Insomma, uno dei migliori fra i Maigret che ho letto finora.