Dettagli Recensione
Chourmo
In una Marsiglia di straziante (un po’ troppo, direi) bellezza, Fabio Montale si gode la vita da ex poliziotto tra uscite in mare, utili più ad allontanare la quotidianità che per pescare, e lunghe soste nei bar del porto. Da questo tran-tran fatto fondamentalmente di solitudine - a parte qualche vecchia conoscenza fra le quali una Honorine che è un’Adelina di Montalbano meno acida - lo strappa la cugina che gli chiede di rintracciare il figlio adolescente scomparso dopo una fuga in città (ma il lettore sa già dove è andato a finire). Da qui prende le mosse un’indagine ondivaga che dai dissapori familiari si allarga alle tensioni razziali con gli arabi, alla polizia doppiogiochista e agli intrallazzi mafiosi in materia di cemento per un insieme che sfiora (o appena intreccia) una sordida storia di droga unita a dipendenza fisica e psicologica (per non parlare dell’immancabile femme fatale). Insomma, tantissima carne al fuoco per poco più di duecento pagine ed è così inevitabile che alcuni passaggi siano poco approfonditi, con il risultato che non tutto risulta chiarissimo: caratteristica peraltro condivisa con tantissimi altri romanzi noir nei quali conta di più l’atmosfera rispetto alla precisione della trama. E qui l’atmosfera è impregnata di una profonda malinconia nella quale sta affondato il protagonista, uomo in fondo sconfitto dalla vita che ormai prova piacere solo nelle piccole cose (compreso il mangiare e, soprattutto, il bere in quantità imbarazzanti): anche i suoi scoppi di rabbia hanno durata limitata come se, passato l’attimo di furia, pure la vendetta gli si presentasse come un atto senza senso. Una tale tristezza è causa di soventi accenti lirici, specie quando Montale si lascia andare a riflessioni su se stesso e sulla propria esistenza, tra rimpianti per il passato e dubbi sul futuro, causando un inturgidimento del modo di raccontare che lascia il segno anche perché in contrasto con la temperatura di norma ‘fredda’ del genere, ma al quale lo scrittore fa ricorso qualche volta di troppo: difetto che si affianca all’eccessivo peso dato alla questione franco-algerina che già dominava il precedente ‘Caos totale’ – nella quale riecheggiano le difficoltà di integrazione infantili di Fabio (e di Izzo?) al fianco del padre napoletano – e il cui peso risulta a tratti pretestuoso nell’economia complessiva. Così, pure questo secondo capitolo delle avventure di Montale finisce per restare a metà del guado: è un bel libro che sa appassionare e farsi leggere con avidità per scoprire quel che accadrà, ma gli manca qualcosa (o forse contiene troppo) per poter dispiegare del tutto le sue potenzialità che brillano invece in molti momenti disseminati qua e là, fra i quali merita una menzione speciale tutta l’appassionante sequenza conclusiva che, al termine di un lungo inseguimento in macchina, conduce alla punizione dei cattivi.