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Revival
 
Revival 2015-05-02 12:38:28 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    02 Mag, 2015
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E luce fu

ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER

E luce fu.
Così recita il verbo sacro, quasi a significare che la luce, nella sua intima essenza, è il vero, unico, assoluto emblema del potere divino.
L’elettricità, quel volgare e misteriosissimo flusso di elettroni che gli uomini di scienza s’illudono di imbrigliare e gestire a proprio piacimento, in realtà è qualcosa d’invisibile, d’ingovernabile, d’insondato, è strumento che solo il creatore assoluto, o chi per lui, può utilizzare e gestirne al meglio l’infinito potere, potere figurativamente ed efficacemente manifestato con il fulmine, non a caso da Giove in poi la saetta è l’unico scettro che identifica il Dominus onnipotente.
Vero o no che sia, ciò che conta è che ne è però intimamente convinto il reverendo Charles Jacobs, nuovo pastore di un piccolo borgo rurale nel New England, ambiguo e intrigante protagonista dell’ultimo romanzo di Stephen King.
Jacobs crede in Dio, confida ciecamente che il suo Dio sia unico, immenso, misericordioso, l’assoluto creatore del cielo, della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili, è convinto che il buon Dio si manifesti nella natura e in tutto quanto da Lui creato, ed in particolare non esita a identificare i fulmini e l’elettricità come diretta emanazione del potere del Signore.
Al punto che, a fianco delle prediche e degli inni sacri, richiama alle funzioni le sue pecorelle, allettando specie i più giovani, allestendo piccoli artifizi elettronici, tipo un Gesù che cammina sulle acque di un laghetto di un plastico, scorrendo su rotaie invisibili, mosso ovviamente dalla corrente elettrica.
Niente di particolare, un semplice effetto scenico creato con un po’ di abilità manuale e un sapiente gioco di luci su un elementare scenario presepiale nelle cantine della chiesa, e che tuttavia sottende, nella sua semplicità, la passione e la fede cieca e assoluta in Dio, nella sua opera e nel suo potere.
Jacobs dovremmo dire meglio è in realtà coprotagonista, giacchè al suo fianco, e parallelamente alle sue vicende esistenziali, si snoda anche la vita del giovanissimo Jamie Morton, che è appena un bimbetto di sei anni allorchè la sua esistenza si incrocia indissolubilmente, e lo sarà per tutta la vita, con quella del giovane pastore di anime.
Sulla falsariga quindi dei migliori romanzi dello scrittore del Maine, che vede sempre un ragazzino al centro delle sue storie, e ricordiamo ad esempio i giovanissimi “perdenti” protagonisti di “It”, la liceale pirocinetica di “Carrie”, i giovani neopatentati di “Christine” ecc.
Il tutto non per caso, poiché “Revival” è a parer mio da ritenersi tra i migliori romanzi di Stephen King di recente produzione, ben superiore comunque ai precedenti in ordine cronologico “Mr Mercedes” e “Doctor Sleep”, malgrado quest’ultimo, per dirne una, addirittura sia stato spacciato come il seguito del celebre “Shining”, quando in realtà con quel piccolo capolavoro kinghiano non ha nulla da spartire, se non solo di sfuggita il protagonista.
“Revival” è da intendersi davvero come un ritorno all’antico di King, uno splendido ritorno ai fasti del passato.
“Revival” è un romanzo che ripresenta e riporta in auge il meglio della letteratura kinghiana, lo scrittore americano si rituffa nell’arco temporale che conosce direttamente per averlo vissuto in prima persona, quello dei favolosi anni ’60, con i suoi usi, costumi, gusti, tendenze soprattutto musicali, in particolare il rock and roll.
C’è tutto il meglio del mondo kinghiano in “Revival”: i bambini, i preadolescenti, la vita della piccola provincia americana, con i suoi valori semplici e assoluti, la dedizione al lavoro, alla fatica, gli anni liceali, l’università, i primi amori, la scoperta della musica diversa e dirompente del rock, il richiamo diretto ed esplicito a scrittori all’epoca riscoperti in pieno come Lovecraft, Poe e tutti i loro “altri” mondi sommersi e misteriosi, animati dalle forze terribili e dannate evocabili solo tramite le formule segrete di antichissimi leggendari testi esoterici come ad esempio il “De Vermis Misterya”.
E su tutto questo vissuto in qualche modo “normale” ecco l’imprevisto, ecco un “quinto elemento”, ecco il catalizzatore perturbatore che, si voglia o meno, fa da spartiacque all’esistenza di ciascuno, rendendo diversa, e affascinante, una storia di per sé comune.
Stavolta non si tratta come nei romanzi precedenti di King di una misteriosa creatura con sembianze di clown nascosta nelle fogne o di un insito potere paranormale che si esterna all’improvviso, bensì un avvenimento assai più prosaico e banale.
Un incidente stradale stronca all’improvviso, è il caso di dire proprio un fulmine a ciel sereno, l’esistenza della splendida moglie e dell’adorato unico figlioletto del buon pastore Charlie Jacobs.
Il luttuoso trauma ha un effetto sconvolgente nell’animo del buon Jacobs: dopo un periodo di comprensibile silenzio, ritorna a dir messa per il suo gregge che si presenta al completo speranzoso nel “recupero” del suo amato pastore.
Restandone però completamente spiazzato e disilluso: in un drammatico sermone, che sarà poi ricordato negli anni a venire con il termine di “predica terribile”, Jacobs abiura completamente il suo credo, il suo Dio, tutto quanto in cui ha sempre creduto, professato e predicato, con amarezza e cattiveria nega l’esistenza di un Dio buono e misericordioso affermando invece che è se un Dio c’è, esso è solo un Dio crudele, meschino, che irride e dileggia le sue creature.
Ne consegue quindi l’allontanamento del reverendo, e l’enorme dispiacere del piccolo Jamie, sinceramente affezionato, ricambiato, al giovane curato, la prima figura adulta rilevante della sua esistenza al di fuori delle figure parentali.
Segue quindi un lungo periodo di separazione, fin quando un giorno, per puro caso, Jamie, divenuto nel frattempo un buon musicista rock, e un’ancora migliore tossicodipendente di eroina all’ultimo stadio, incontra in un luna park l’ex reverendo Jacobs, che ora si è trasformato in un imbonitore da baraccone, guadagnandosi la vita girando tra fiere e mercati stupendo il pubblico, manco a farlo apposta, con piccoli prodigi di elettricità, foto “miracolose” e simili meraviglie di facile leva sul pubblico.
Un prodigio ancora più grande compie l’ex parroco prendendosi cura di Jamie colto da malore, sottoponendolo a un piccolo assaggio di elettricità con un marchingegno di sua invenzione, procurandogli una sorta di banale elettroshock rudimentale, che però repentinamente e definitivamente libera lo stupefatto Jamie dalla sua tossicodipendenza, letteralmente restituendogli la vita.
I destini dei due sembrano poi dividersi ancora una volta, per poi ancora una volta rincontrarsi: stavolta Jacobs ha letteralmente svoltato, ormai avanti con gli anni è diventato un classico, famosissimo predicatore via etere, uno di quei reverendi che tramite la televisione diffondono la propria immagine, il proprio credo, i propri sermoni ai quattro angoli degli USA.
Jacobs compie ora quelli che appaiono con tutta evidenza autentici miracoli, sempre avvalendosi di marchingegni spettacolari su base elettrica, restituisce salute e vigore a moltitudini di disperati, che ricambiano con generose offerte in denaro.
Quello che era un semplice curato di campagna si presenta ora come un mirabile santone, che predica di essere un semplice strumento di Dio, l’unico responsabile delle miracolose guarigioni, di cui egli è un semplice tramite.
Jamie però conosce troppo bene il suo parroco, sa perfettamente che mente, ricorda con esattezza il contenuto della “predica terribile” e ben presto si rende conto che Jacobs ha sempre solo e soltanto continuato i suoi studi sull’elettricità e le sue applicazioni.
Le immense ricchezze raccolte tramite i suoi interventi miracolistici hanno l’unico scopo di fornirgli i mezzi per proseguire ancora più in profondità i suoi studi sul potere tanto immenso quanto misterioso dell’elettricità, ormai giunti al termine.
Data la sua veneranda età, ha bisogno di un fidato aiutante, e si rivolge pertanto a Jamie perché lo assista nel suo ultimo esperimento, rammentandogli sia l’antico legame affettivo sia la guarigione dalla tossicodipendenza.
Jamie accetta, non tanto per sé, ma perché si rende conto che Jacobs, nella sua folle ricerca del potere assoluto dell’elettricità, in realtà cerca un altro potere, quello di schiudere la porta sul mistero dell’esistenza, una folle ossessione di dimostrare l’assenza del Dio buono in vece del Dio meschino artefice del suo immenso dolore. Non solo, ma Jamie ha scoperto come le “guarigioni” o presunte tali compite da Jacobs, compresa quella sua personale di disintossicazione rapida e definitiva dall’eroina, presentano molti e diffusi effetti collaterali, la gran parte spiacevoli e terrificanti.
Jacobs non ha, infatti, alcun potere sulla forza che manipola; la usa, ma non ne conosce i limiti, la sfrutta, ma senza riuscire a imbrigliarla, la desidera certamente, perché in essa vede il dominio del fulmine, e quindi il controllo del potere divino, l’accensione della luce che illumini la porta da varcare, esclusivamente per accedere alla centrale di comando e impadronirsene per i suoi scopi.
Novello Frankestein, Charlie Jacobs usa la forza e l’energia del fulmine, ma non per generare la vita in pezzi di carne inanimata, e neanche per richiamare in vita gli amori della sua esistenza brutalmente strappati al suo affetto, come sarebbe più logico; semplicemente, intende riportare a una parvenza di vita una persona deceduta per una delle poche malattie insensibili ai suoi poteri di guarigione, utilizzando un concentrato di energia mai sperimentato prima, perché parli, perché riveli cosa c’è oltre la luce, oltre la porta che tiene rinchiuso il buio e le sue terrificanti creature.
Jacobs non vuole la luce, anela invece al potere del buio, pretende il potere terrificante che è dietro la luce, non si rende conto che proprio perché è privo di luce deve essere negativo, deve per forza avere una valenza negativa, e sarà proprio Jamie, al quale aveva salvato l’esistenza, a far fallire il suo piano, decretando la sua fine, sarà Jamie a rinchiudere brutalmente il vaso di Pandora prima che sia riaperto liberando le ombre malefiche prive di luce.
Sarà Jamie, come forse così era scritto, già dai tempi che qualcuno pronunciò la frase fatidica: E luce fu.
“Revival” potremmo definirlo in definitiva un buon King, un King d’annata; quelli che l’autore indica come i suoi “fedeli lettori” ritroveranno in questo romanzo molti temi, atmosfere e soggetti già incontrati nella produzione pregressa dello scrittore americano.
Basta ricordare la citata Castle Rock e il “mitico” locale per i fedeli kinghiani denominato “Mellow Tiger”, e ancora l’antico dilemma sulla vita oltre la morte trattato per esempio in “Pet Cemetary”.
“Revival” è un libro quindi che piacerà, più di tutti, a coloro che King già conoscono, e profondamente, con devozione: appunto, i fedeli lettori.
I fedeli lettori già in trepidante attesa del prossimo lavoro del Re del Maine.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Tutto Stephen King! Esclusivamente per fedeli lettori del Re!
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