Dettagli Recensione
Ogni dieci anni, un nuovo romanzo
Donna Tartt è una scrittrice che quando si mette a scrivere, lo fa sul serio, visto che per ogni romanzo gli occorre un decennio.
Non lascia niente al caso ed ogni suo pensiero diventa parola.
Il suo stile mi affascina, ma mi lascia anche perplessa; è veramente tutto necessario quello che scrive? Arrivati alla fine mi sono risposta che probabilmente se avesse tolto anche qualcosina, il risultato non sarebbe stato lo stesso.
"Dio di illusioni" è il titolo italiano, mentre quello originale è "The secret history"; per una volta preferisco il nostro, molto più accattivante e rappresentativo.
Il romanzo racconta le vicende che sono accadute in un college esclusivo americano, nel Vermont; di sei ragazzi, gli unici iscritti al corso di greco e di quello che le illusioni, il poco buonsenso e l'irrealtà della vita, possono trasformare qualcosa di "perfetto" in tragedia.
Donna Tartt gioca molto con l'equilibrio, e di come una scelta possa far pendere l'ago della bilancia dalla parte sbagliata.
Il protagonista è anche il narratore, che racconta la storia con descrizioni e dettagli davvero minuziosi, lasciando ben poco all'immaginazione e alla fantasia.
I personaggi sono descritti così bene da risultare quasi tangibili, reali.
Leggendo la biografia della scrittrice ho trovato che anche lei ha frequentato il college; ora la domanda mi sorge spontanea: "Le sue descrizioni sono dettate dall'esperienza personale o da altre cose?"
Perché me la sono posta? Semplice, perché per quasi 3/4 del romanzo, i personaggi o sono ubriachi, o sono sotto effetto di farmaci o altro...Non proprio una bella immagine dei college e dei loro frequentatori.
E' un romanzo che non si può definire né giallo, né thriller. Non si legge velocemente (oltre 600 pagine), non tanto per la quantità delle pagine, ma per lo stile dell'autrice.
Ti ritrovi a voltare pagina, non tanto perché non ne puoi fare a meno, ma perché devi continuare, è un'attrazione particolare.
Non crea dipendenza, ma mi sento di consigliarlo comunque.
Vi lascio con questa frase:
"In passato avevo amato quell'idea, che la nostra azione, cioè, fosse servita a unirci: non eravamo amici normali, bensì amici per la vita e la morte. Tale pensiero aveva rappresentato il mio solo conforto nel periodo successivo all'assassinio di Bunny: ora mi dava la nausea il sapere che non c'era via d'uscita. Ero legato a loro, a tutti loro, in modo definitivo."
Lo consiglio.
Buona lettura!
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Commenti
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Grazie per il commento.
Federica
Mi trovo d'accordissimo con questa analisi, anzi penso che se toglieva qualcosa riusciva a dare più ritmo alla lettura che così risulta moooolto lenta e poco interessante, però come dici bene tu:
"Ti ritrovi a voltare pagina, non tanto perché non ne puoi fare a meno, ma perché devi continuare, è un'attrazione particolare."
Quindi quoto la tua perfetta analisi.
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