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Giallo a tinte fosche...
Che l’autrice di Harry Potter, nelle vesti del giallista R. Galbraith, ci racconti una storia per molti versi molto truce, addirittura truculenta, ci stupisce poco: non mancava, infatti, anche nella sua saga per ragazzi più o meno adulti l’aspetto “horror”. Ci stupisce di più che si parli tanto di sesso, altrettanto truculento e grottesco, da stomaci forti. Ma si tratta di sesso solo o prevalentemente letterario; e forse ciò non stupisce, se si pensa quali frutti ci vengano da qualche sue collega britannica. Peraltro non si può negare che tale materia incandescente sia dominata con abilità e ironia dalla scrittrice, che sembra prendere le distanze dalla sua stessa narrazione, anche attraverso lo sguardo sanamente distaccato e razionale dei suoi due investigatori, lo zoppo Cormoran Strike (ma non somiglia ad un personaggio della Allende? Perché tutte due si inventano un investigatore protesizzato?) e la sempre più abile e prestante giovane assistente Robin, di cui scopriamo anche inusitate capacità automobilistiche. In effetti, non è bellissimo immaginare che il pur perverso scrittore Owen Quine venga ucciso in modo così barbaro; ma tale fine orrenda, tra l’altro predetta e descritta accuratamente nel romanzo a lui stesso attribuito, giustifica di per sé tutto l’impegno profuso dai nostri eroi per risolvere l’enigma. Come è possibile che uno scrittore descriva così accuratamente la propria morte? E chi può essere il criminale così perverso da mettere in scena un simile sacrificio umano? Ha agito per ordine dello scrittore, per fare pubblicità – macabra, suicida e postuma – alla propria creazione letteraria? Naturalmente tale enigma sarà alla fine sciolto dall’intuito dell’investigatore, mentre la polizia, come nel primo giallo dello pseudo Robert Galbraith, seguirà piste del tutto sbagliate: ma questo è un classico dei gialli anglosassoni.
Interessante, comunque, come questa autrice cerchi varie strade per emanciparsi dalla sua stessa fama di romanziera per ragazzi, da un lato trasformandosi in giallista sotto uno pseudonimo maschile (come se fosse essa stessa vittima di una prevenzione maschilista presente anche nel romanzo) e dall’altro cercando di riciclarsi come scrittrice “per adulti” con “Il seggio vacante”. Si ha però la sensazione che le sue nuove creazioni letterarie debbano molto al suo precedente esercizio narrativo.