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Meglio sempre soli piuttosto che mai
Sono piuttosto numerose, nonchè sospette, le analogie tra questo romanzo e "Il mistero di Oliver Ryan" firmato da Liz Nugent; parecchi argomenti collimano in maniera imbarazzante rendendo un fastidioso straniamento.
Lasciando però da parte le sterili polemiche, facendosi scivolare addosso il subdolo dubbio e andando a concentrarsi sul lavoro di Arango, si può affermare con certezza di trovarsi di fronte a un thriller di buona fattura, senza dubbio "pompato" eccessivamente da certa critica.
Si parla di Henry Hayden, romanziere di grido, ricco, bello, amato un po' da tutti per il savoir faire e per il fascino misterioso. Allo stesso tempo sfuggente, gelosissimo della sua privacy, amico di pochi, forse di nessuno, se non per proprio tornaconto.
In realtà è un principe della menzogna, con una vita fatta di pura illusione; la più grande bugia concerne il lavoro, ogni best seller pubblicato col suo nome è opera della moglie. Costei donna controversa, per nulla ingombrante, innamoratissima e devota al consorte.
L'uomo è invece un approfittatore della peggior specie, un vile segnato dall'infanzia difficilissima coincisa con la segregazione in orfanotrofio dopo la sparizione della madre e la morte del padre.
Lo sfarzoso castello di carte però viene messo in pericolo dal vento scatenato dall'editor Betty Hansen, amante del fasullo scrittore ora in attesa di un bimbo. Inutile dire chi sia il padre, inutile dire che i buoni propositi di Henry di fare ammenda finiscano in fondo al mare, nel vero senso della parola. Per una serie di circostanze manovrate da un destino ora contrario, ora favorevole, gli eventi prendono una piega inattesa, finendo con il degenerare sotto una coltre di bugie infinite e l'urgenza di cautelarsi con ogni mezzo, anche il più estremo.
La determinazione del protagonista è invidiabile, come quando demolisce mezza casa per far secca la martora nascosta nelle intercapedini della soffitta; animaletto simbolico, a cui Henry associa il proprio decadimento, comprendendo quanto sia vicino al baratro di quella scogliera dove tutto è cominciato.
Sascha Arango si distingue per lo stile asciutto e sempre piacevole, per la capacità di incuriosire e collegare senza stridenti frizioni i fatti. Inoltre riesce a far digerire al lettore un personaggio così deplorevole; l'autore materializza con efficacia il fascino di questo farabutto, ne scandaglia l'animo in profondità portando a galla delle incertezze, delle piccole sfumature che in fin dei conti lo rendono umano, fallace, malinconico, anche se mai assolvibile.
E' il fascino del male, del proibito, dell'uomo che ha fregato tutti proprio quando la vita lo stava fregando, ma ora il passato presenta il conto, ed Arango ci trascina in un vortice nero dall'incedere sicuro.
Come dicevo qualcuno ha definito "La verità e altre bugie" una specie di capolavoro. A mio modesto parere siamo in presenza di un buon libro, nulla più, non certo uno scritto destinato a restare come è stato (esageratamente) affermato.
Tenendo quindi basse le aspettative il divertimento è assicurato, soprattutto se in precedenza non si è letto di Oliver Ryan...
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