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NOAH. Who i am?
Un tatuaggio artigianalmente dipinto sul palmo della mano da non si sa chi, una ferita d’arma da fuoco alla spalla ed abiti di qualità mixati ad un corpo atletico ed un viso da trentanovenne, costituiscono le uniche informazioni che Oscar ha potuto apprendere su quell’uomo che ha raccattato in un anfratto della galleria della metropolitana e poi curato nel suo «rifugio». Il problema è che questi sono anche tutti gli elementi in possesso del ferito. Si trova a Berlino non sa come e non sa perché, non ricorda il suo nome, il suo lavoro, semplicemente chi è. Sa di essere una persona erudita perché il suo cervello brulica di nozioni ma nessuna di queste è attinente alla sua personalità o alla sua storia. Si rende conto di essere diverso dall’ordinario, il suo udito è affinato a qualunque movimento sospetto, è in grado di identificare l’arma da cui un proiettile viene sparato, così come la posizione di chi è in possesso del fendente, è un ottimo stratega ed è capace di individuare immediatamente se un soggetto mente o asserisce il vero così come è in grado di distinguere il bene e il male da un semplice movimento del corpo. Si interroga Noah. Un uomo con tali caratteristiche appartiene alla prima o alla seconda classificazione? Può convivere con la possibilità di avere un passato intriso dall’immoralità nonostante senta di aver fatto anche qualcosa di buono?
L’opera qui proposta ha un fascino tutto particolare e potenzialità indiscusse se non altro nella sua prima parte. La lettura cattura immediatamente il lettore che, affascinato dalle plurime vicende e circostanze descritte, brama di dipanare l’enigma e si immedesima senza difficoltà in Noah quanto negli altri protagonisti. Senza indugio si lascia trasportare dalla narrazione, le pagine scorrono rapide e lo stile è fluido ed accattivante al punto giusto.
Se però la prima parte del componimento si presenta intrigante, ricca di suspence e di stampo prettamente europeo, la seconda metà risulta talvolta eccessiva poiché assume i megalomani classici tratti prettamenti statunitensi. Congiura ed azione regnano sovrane perennemente affiancate dalla ratio cui lo scritto è destinato. Palese è la volontà del tedesco di sensibilizzare su problematiche ampie e di carattere eterogeneo. Si parla di inquinamento, di sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali, della fame e delle precarie condizioni di vita a cui le popolazioni dei paesi del Terzo Mondo sono rilegate, del consumismo, degli allevamenti intensivi, della strumentalizzazione dei e dai social, dell’impiego non sempre positivo delle innovazioni farmaceutiche, di pandemie nonché della paura come strumento di coercizione e di comando, della perdita di individualità e dei valori minimi. Tutti sono sacrificabili se questo consente di raggiungere lo scopo.
Per concludere, nonostante il thriller subisca una leggera battuta d’arresto verso la metà, riprende adeguatamente nella sua conclusione suscitando numerose riflessioni in chi legge. I contenuti sono interessanti e le vicende sono narrate con quella giusta patina di mistero. Un buon giallo psicologico, ricco di ogni elemento indispensabile per consigliarne la lettura.
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