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Paul King e Stephen Sheldon
Ho deciso di leggere Misery per due motivi principali: innanzitutto volevo approfondire la storia di cui conoscevo la trama generale e in secondo luogo leggere finalmente un libro appartenente alla prima fase della carriera di King; a detta di molti la più brillante. Puntualmente le aspettative sono state soddisfatte: il libro, seppur lento nei primi capitoli, si accende pian piano giungendo al momento di "Spannung" poco prima della fine; King crea partecipazione emotiva tra lettore, storia e personaggi tanto da creare talvolta dei conflitti al lettore stesso(a me cosi è capitato).
Ci si ritrova inevitabilmente a tifare per il povero e martoriato Paul Sheldon e non si fa altro che attendere il momento in cui il nostro eroe si alzerà dal letto per ammazzare quella psicopatica di Annie Wilkes, il demonio del libro; allo stesso tempo però ci sono scene e momenti in cui si è propensi a provare quasi pietà e compassione per Annie che da aguzzina si trasforma in vittima per poi ritrasformarsi nella pagina successiva in demone infernale. E' un'altalena emotiva che giova al romanzo e confonde piacevolmente il lettore.
In questa mia recensione non voglio trattare della storia in sè e per sè in quanto credo che quasi tutti conoscano la situazione di partenza da cui il romanzo evolve: lo scrittore Paul Sheldon in seguito ad un incidente stradale si ritrova a letto, con le gambe a pezzi, mezzo drogato e nelle grinfie della sua 'fan numero uno'. Il suo nome è Annie Wilkes, un ex-infermiera psicotica e nevrotica con un passato terribile alle spalle, che si prende 'cura' (per cosi dire) di Paul, il quale dovrà scrivere il seguito della serie romanzesca di Misery, di cui Annie è fan sfegatata.
Come detto non voglio parlare della storia ma di ciò che va oltre il romanzo; ho infatti individuato due elementi interessanti che emergono dal libro: il ricorso alla metanarrazione e un forte
autobiografismo.
Il romanzo presenta una storia nella storia: da un lato le vicissitudini della 'strana coppia' Sheldon-Wilkes e all'interno di queste, come delle schegge, King inserisce dei frammenti de Il ritorno di Misery, che rivelano le parti fondamentali e cruciali della storia, che permettono al lettore di capire il filo generale della trama e che al contempo incuriosiscono il lettore stesso che vorrebbe sapere di più sull'intera vicenda. Si potrebbe azzardare che King in questo caso crea due romanzi o comunque due storie in una.
Il secondo aspetto che emerge prepotentemente dal testo è l'autobiografismo che, a mio modo di vedere, permea l'intera narrazione. In fondo chi rappresenta Paul Sheldon? La risposta è semplice: lo stesso Stephen King. I due nomi sono composti dallo stesso numero di lettere (Paul e King 4 lettere, Stephen e Sheldon 7 lettere). Al di là di questa curiosa coincidenza tramite Paul King racconta le difficoltà ed il lavoro dello scrittore, i suoi pregi e i suoi difetti. Il terrore della pagina bianca che può trasformarsi in una sindrome, il gusto di buttarsi a capofitto in una narrazione estraniandosi da tutto: dolore, rumori, paure; il timore che il testo non piaccia, lo stato di esaltazione mista a tristezza e delusione che sopraggiunge al completamento dell'opera; l'idea che lo scrittore possegga all'interno di sè, in un luogo sconosciuto e inaccessibile, degli 'operai' che elaborano le idee e le inviano al cervello dell'autore. Come fossero minatori che estraggono carbone da una miniera. E infine un elemento tipicamente autoriale: l'egocentrismo.
"Non è mai stato per te, Annie, nè per tutte quelle persone che ci sono là fuori e che firmano le lettere con 'la tua ammiratrice numero uno'. [...] Il motivo per cui uno scrittore appone quasi sempre una dedica a un libro, cara Annie, è che alla fin fine persino lui è orripilato di fronte al proprio egocentrismo."
Chapeau.
FM