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Brividi D’incanto
Siamo tutti stati in una Joyland. Alle soglie del regno delle meraviglie, palcoscenico per le luci dagli innumerevoli e sfavillanti colori, terra per strambi personaggi dalle stupefacenti e variegate fattezze e per creature fiabesche, che si librano nel loro mondo che sembra materializzarsi come disegnato dal pennello di un fantasioso e magico artista. Quel mondo fatto di divertimento e gioia con le sue macchine strabilianti, di paura e tensione con i suoi castelli stregati e le evanescenti presenze nascoste negli angoli oscuri.
L’aria è pregna degli squisiti odori di zucchero filato e degli hot dog, vibrante dei suoni soavi riprodotti da quei bimbetti estasiati, ed anche della soddisfazione di quei ragazzini cresciuti, ma più nel corpo che nell’animo.
E’ questo il mondo incantato di Joyland, partorito dalla eccellente penna di Stephen King, quel luna park che è stato un po' per tutti oggetto del desiderio e dello stupore dei nostri occhi di bambino.
Il mondo dei “bifolchi” è perfetto scenario per la piacevole storia che lo scrittore ci racconta e che coglie tante sfumature quante sono le sfaccettature del parco che la ospita, talune piacevoli e sfavillanti, altre tenui e dolorose.
E come ogni luna park che si rispetti ha la sua “ectoplasmica” leggenda celata nelle pareti dell’orrore, ogni storia, compresa quella di Joyland, ha il suo “mostro” da sconfiggere. E non è detto che il mostro e l’ectoplasma debbano sempre coincidere.
Stephen King ci porta a Joyland, tra le sue luci, i suoi profumi e i suoi afratti bui, raccontandoci una storia che valeva la pena raccontare, portandoci sulla cima della ruota panoramica, dove sovrastando questo mondo fatto d’incanto, seppur con le sue luci e le sue ombre, ci sembra davvero di volare.
“La gente pensa che il primo amore sia tanto dolce, e lo diventi ancora di più quando il legame si spezza. Conoscerete almeno un migliaio di canzoni pop e country sull’argomento, con qualche povero scemo dal cuore infranto. Ma quella prima ferita è la più dolorosa, la più lenta a guarire e lascia una cicatrice orribile. Che ci sarà di dolce...”
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Anzi, ci vorrei andare ora a Joyland, in questo preciso momento :-)