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Il Re compiace il popolo
Schematico, è il primo aggettivo che mi balena in mente durante e dopo la lettura di "Mr. Mercedes", ultima fatica letteraria di Sua Maestà Stephen King.
Che il nostro abbia perso lo smalto dei tempi d'oro è cosa da tempo assodata, seppur in questo caso riesca con l'arcinota e inconfondibile impronta stilistica ad appagare (parte) dei fans di vecchia data e a catturare l'attenzione di potenziali neofiti.
Sicuramente il nuovo bestseller partorito dalle fervida mente dell'autore non è certo un romanzo improponibile, semmai è piuttosto convenzionale, rispettoso di una classicità narrativa corrispondente a King e dalla quale molto raramente lo scrittore del Maine prende le distanze.
In parole povere l'autore rischia il minimo indispensabile, non si rinnova conoscendo bene i gusti dell'affezionato pubblico.
Elabora in modo fittizio personaggi, figure e location equivalenti a stereotipi ben camuffati nell'ennesima contrapposizione manichea tra male e bene. Nella prima fazione milita un serial killer di crudeltà quasi ottusa, nella seconda i soliti personaggi la cui rettitudine (e la simpatia sapientemente tratteggiata a tavolino) portano direttamente a guadagnarsi una porzione di paradiso e ad ingraziarsi la sintonia con il lettore.
Si avverte un'evidente mancanza di sfumature in buona sostanza, ma King, pur non cesellando di fino, riesce comunque a strutturare qualcosa di discretamente rielaborato.
Non è un horror con presenze soprannaturali, trattasi di una crime story in cui l'assassino mostra problemi comuni a tanti "colleghi" deviati ormai ben noti al grande pubblico: infanzia difficile con traumi annessi, rapporto morboso con la madre, assenza della figura paterna e chi più ne ha più ne metta.
Di certo è il modus operandi a fare la differenza, piuttosto calcolatore, anomalo nell'eclatante "mise en scène", tanto da risultare un personaggio non proprio banale.
Viene contrapposto a tre figure più convenzionali: Holly, anch'essa affetta da turbe mentali e vessata da una madre dispotica, il giovane Jerome dalla parlata sciolta e dalle utili conoscenze informatiche e quindi il protagonista, paradossalmente il più scontato della combriccola, ovvero Bill, ex detective sovrappeso, depresso e sull'orlo del suicidio.
Solito Ka-Tet versus Male atavico e incommensurabile, una costante di King, comunque ancora capace di inquietare e tenere sulla corda. Lo fa sbizzarrendosi mediante una Mercedes lussuosa, un veleno per talpe, un camioncino giocattolo; tutti elementi particolari sfruttati alla grande, peccato si perda in digressioni romantiche improbabili e soprattutto in lungaggini (solito viziaccio!) poco utili all'economia del racconto.
C'è anche uno sguardo al sociale, l'incipit notevole per crudeltà ci sbatte in faccia il lato più tremendo della crisi economica divoratrice di ogni sicurezza rinnovata (ma non troppo) a fatica dopo l'11 Settembre. Ci sono anche l'ossessione per la tecnologia con il desiderio di restare al passo coi tempi, e il fanatismo dei teenager per band musicali di dubbio valore artistico.
L'epilogo è di discreta fattura, nulla da tramandare ai posteri.
Zio King sa ancora farsi voler bene, le sue storie difficilmente deludono (anche se negli ultimi anni i casi non sono mancati e qui siamo vicini al precipizio), da qualche tempo però - penso a "Doctor Sleep" e in misura maggiore a "Joyland"- sembra aver ritrovato una discreta vena creativa, ben lontana dai fasti del passato ma sufficiente per assicurargli ancora a lungo la corona di Re del brivido sul capoccione.
Pare sia il primo romanzo di una trilogia.
Buona lettura.
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Commenti
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Credo che lo leggerò, per la curiosità di osservare la parabola discendente del King.
Ciao!
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