Dettagli Recensione
Io lo avevo detto
"Dovevate aspettarvelo".
Questo è il titolo che darei alla recensione dell'ultimo romanzo della celebre saga Z di Bourne, dopo aver letto i commenti discordanti dei fans da tutto il mondo.
Parliamoci chiaro: il diario di un sopravvissuto agli zombie è una vera e propria installazione del genere, forse uno dei romanzi sugli zombie più riuscito ed apprezzato, tanto da emergere online con i primi strascichi di testo in una marea di consensi e complimenti.
Tuttavia, per chi avesse seguito i miei commenti sui primi due capitoli della trilogia, non dovrebbe essere un segreto che il genere "diario personale" sia, a mio parere, una delle scelte più azzardate a cui ci si possa affidare per parlare di horror.
I due diari precedenti mi avevano tanto appassionato per le dinamiche narrate alla perfezione e l'estremo realismo delle situazioni survival, quanto fatto storcere il naso per una prevedibilità di fondo estremamente banale. Far narrare i fatti al protagonista significa dare per scontato che egli sia sopravvissuto o che, in caso di una celebre dipartita, ci sia qualcun altro in grado di portare avanti il lavoro per lui. Le scene, le situazioni e le creature mi apparivano scialbe e prive di significato se raccontare ore o giorni dopo, al sicuro in qualche stanza, dalla penna di qualcuno che sapeva già come sarebbe andata. In pratica, leggete i primi due romanzi con la consapevolezza che alla fine, qualsiasi cosa accada, anche l'ultimo capitolo inizierà con "ieri a quest'ora è successo che...", e non potrete mai provare quel panico da cardiopalma dello zombie che rompe la porta e assale qualcuno.
Cosa c'era da aspettarsi, dunque, per questa conclusione? Esattamente quel che è accaduto: improvvisamente il DIARIO non è più raccontato sottoforma di DIARIO, ma è diventato un romanzo con qualche espediente abbastanza banale di metateatro (lettere inviate ai parenti e sogni raccontati all'improvviso).
Sia ben chiaro, questa clessidra infranta è scritta benissimo, forse in maniera più scialba e meno realistica delle precedenti, ma comunque alla grande. Il problema sta nel fatto che la delusione di molti fans è più che giustificata.
Quindi, lo ripeterò ancora una volta, nel marasma di commenti e interventi che criticavano il mio storcere il naso per questi diari: ve lo dovevate aspettare. Scrivere un diario personale per due libri su tre, presuppone che il finale abbia due sole chance: o si continua su questa strada, ma il protagonista deve narrare le cose DOPO che sono accadute, anticipando l'impossibilità di un'apocalisse definitiva o di uno sterminio totale, oppure si cambia e si scrive in romanzo ammettendo, a mio dire, la debolezza ingiustificata dei primi due romanzi, proprio a causa della forma in cui erano scritti.
Forse, dunque, avevo ragione a temere che la trilogia si rovinasse, perchè quest'ultimo capitolo, per quanto ben scritto, non è affatto all'altezza dei precedenti, e delude le aspettative di una storia ricca di personaggi e situazioni, aggiungendone altri per allungare il brodo, e riportandoci spesso e volentieri nelle vecchie ambientazioni per combattere la mancanza di suspance con la voglia di riesumare certe emozioni del lettore.
Scrivo questa recensione in maniera alquanto critica perchè sono del parere che, se c'è qualcuno con la voglia di leggerla, allora sicuramente avrà dato uno sguardo anche ai due capitoli precedenti, e non ha più nulla da imparare su Bourne e sul suo capolavoro, ma ciò non impedisce al diario della clessidra di essere un libro validissimo, con una scrittura esperta e scorrevole e numerose occasioni di apprezzamento.
Nel panorama degli zombie, questa trilogia rimane fra le migliori.
Attenzione, però: se si scende sul campo del romanzo, il diario perde la sua unicità e si scontra con una concorrenza spietata. Questa volta non è stato facile scegliere a prescindere di acquistarlo a discapito di altre saghe di tutto rispetto come, ad esempio, Epidemia Zombie di Recht, che segue questa strada dall'inizio alla fine.