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Quello che ti meriti di Anne Holt
Questo romanzo è un giallo tecnico, una prova intellettuale, scritto da una psicologa criminale, già ministro della giustizia e avvocato la cui scrittura riflette la conoscenza della procedure investigative affinate da una sottigliezza introspettiva non comune. La storia non originale, ma non per questo meno inquietante, smuove nel lettore sensazioni sgradevoli e forti; quando entrare nella mente criminale è come leggerne anfratti che dall’inconscio si tramutano in atti raccapriccianti. Stiamo parlando di un assassino di bambini, il più infame dei crimini, il più sporco dei soprusi, che a mente fredda e con un glaciale controllo come i paesaggi nordici che ne fanno da sfondo (siamo in Norvegia) programma la soppressione di innocenti a vendetta di presunte e pregresse ingiustizie subite. Abituati come siamo ad assistere e spesso in TV a scene del crimine, paradossalmente, a volte, la narrazione di esse supera l’orrore; è questa, la forza del registro verbale di Anne Holt, di trasformare il linguaggio scritto in linguaggio visivo e, la lettura di questo intreccio di personalità e fatti truci, lascia, a parer mio, anche dopo la lettura come delle vibrazioni, delle onde che si ripercuotono nel cervello e non lasciano fino a quando non si sono sedimentate. A mio modesto avviso, la scrittrice non ristagna in luoghi risaputi e sfugge allo stereotipo del giallo per antonomasia; il tratto che contraddistingue questa storia è la capacità di entrare nella natura umana, rivelare il buio della condizione di essa quando può essere socialmente ed emotivamente ferita e diventare malsana; ricercare non tanto l’essenza del crimine, quanto l’essenza del criminale. Un deserto dell’anima attraverso il quale si può uscire attraverso il sogno, l’immaginazione, il pragmatismo, la follia e ..l’atto criminoso. Divenire esploratore dell’inconscio, dell’ignoto è quello che si richiede ad uno scrittore in quanto tale, scavare in profondità e far emergere i lati più oscuri di noi esseri umani. C’è un parallelismo tra carnefici e vittime: i primi scartati e distrutti prima e i secondi merce avariata dopo. L’orrore è inseparabile dall’uomo, l’orrore costruito dal deserto della solitudine che alberga dentro di noi, l’orrore di memoria conradiana è dentro questo libro apparentemente freddo, distante negli accenti, nei toni, nelle parole, spesso sottomesse ai silenzi più grevi di qualsiasi rumore. Questo libro l’ho apprezzato a fronte di tante critiche e pareri discordanti. Mi piace riportare un capoverso tratto da Quello che ti meriti :“I bambini non sanno di dover morire. Non hanno il concetto della morte. Lottano per vivere istintivamente come le lucertole che se minacciate sono pronte a rinunciare alla coda. Tutte le creature sono geneticamente programmate per cercare di sopravvivere. Anche i bambini. Ai bambini fanno paura le cose concrete. Il buio. Gli sconosciuti, forse, essere separati dalla famiglia, il dolore, i rumori spaventosi, la perdita di un oggetto. La morte, invece, è incomprensibile per una mente non ancora matura. I bambini non sanno di dover morire".