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La punta dell’iceberg
Boston. Sandra (“La signora Jones è giovane, bella e bianca, vero?”) e Jason Jones formano con la figlia Clarissa, detta Ree, una famiglia apparentemente “normale” (“Che fosse tutto… adeguato. Né troppo sporco né troppo pulito. Né troppo in disordine, né troppo organizzato. Un equilibrio perfetto, assoluto”). Ma la normalità è soltanto la punta dell’iceberg, perché i due coniugi hanno un passato burrascoso, che reclama di essere bonificato e sistemato. In realtà i due sposi sono dediti a occupazioni discutibili: lei consuma tradimenti molto fisici, lui – cronista - trascorre ore e ore al computer avendo cura di cancellare la cronologia dei siti frequentati…
La “normalità” familiare esplode (o implode?) quando Sandra – “La vicina” di Lisa Gardner - scompare in circostanze misteriose. Jason non collabora con la polizia: la sua reticenza e l’apparente indifferenza (“Troppo calmo e distaccato, quello. Fa il cronista a tempo perso, è seduto su quattro milioni di dollari e secondo la sua stessa figlia è privo di amici. Come diavolo fa?”) ostacolano le indagini condotte dal sergente D.D. Warren, insospettita dalla totale assenza di collaborazione.
A sparigliare le carte (“Gli inquirenti cominciano dalle persone più vicine, e tu diventi il primo probabile indiziato”) intervengono il vicino Aidan Brewster, già reo di violenza sessuale ai danni di una minorenne (“Be’, c’è un condannato per violenza sessuale proprio in fondo alla strada”), Ethan Hastings, allievo nerd innamorato della maestra Sandra, e Wayne Reynolds, zio di Ethan ed esperto informatico della polizia di stato.
La narrazione mette in evidenza la stranezza (“Niente accordi prematrimoniali? Con tutti i soldi che avete in banca?” “I soldi vengono da un’eredità… Quattro milioni…”) di un rapporto coniugale non consumato – un matrimonio praticamente “bianco” - ove l’amore della figlioletta non sembra bastare: “D.D. pensò che Clarissa Jones amava entrambi i genitori. E si domandò… perché a tanti genitori l’amore incondizionato dei figli proprio non bastasse”.
Ho trovato molto interessanti gli aspetti psicologici del thriller e il capitolo che descrive l’interrogatorio protetto e assistito della figlioletta: “Ree era stata l’ultima a vedere Sandy da viva… Ree era la chiave dell’enigma”. Mi hanno un po’ annoiato i tecnicismi informatici, filone ormai troppo saccheggiato nei thriller odierni (“Un computer è come una coscienza sporca, dico sempre io”). Anche perché la soluzione – alla resa dei conti – è sempre “il rasoio di Occam. La spiegazione più semplice di solito è quella giusta”…
Bruno Elpis
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Commenti
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lettura come dire..."particolare", non mi sembra il classico giallo...
Insomma interessante. Infatti vedo cinque in piacevolezza....
Buone letture
Mariangela
@ Mariangela: per me, se un thriller è psicologico (questo lo è in parte), già ha una marcia in più... grazie! :-)
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