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Un Maigret rilassato
Passano gli anni, Maigret è ormai un uomo attempato che da lì a un paio di anni dovrà forzatamente andare in pensione, lasciare quell’ufficio e quella poltrona al Quai des Orfévres dove è stato per lungo tempo.
Dove andrà poi? Nella casetta di Meung sul Loire, che con la moglie va sistemando da diversi anni e dove la domenica precedente, cioè il giorno prima, è stato a zappare l’orto e, stanco, ma rilassato, a fare una bella dormita pomeridiana coricato su un’amaca. Oggi è lunedì e lui, sereno e tranquillo va al lavoro, ma senza fretta, senza impazienza e di pazienza ne dovrà aver molta per venire a capo di un nuovo caso che gli si prospetta proprio quella giornata con l’omicidio di un anziano gangster, apparentemente in pensione, e con il prosieguo delle indagini quasi ventennali su misteriose rapine a gioiellerie.
La pazienza di Maigret è un giallo che si fa apprezzare, più che per la trama, per l’approfondita caratterizzazione dei personaggi, per l’ambientazione quasi filmica e per l’atmosfera che lo permea. Il celebre commissario, calmo più del solito, tesse una ragnatela con cui avvolgere lentamente e inesorabilmente i colpevoli sia del delitto che delle rapine.
Ci sono pagine che poco hanno a che fare con un giallo e che tuttavia danno spessore all’opera, come per esempio il pranzo in un bistrot con il giudice Ancelin, un nuovo personaggio che è entusiasta dell’abilitò poliziesca di Maigret e che con la sua modestia desta subito simpatia. In questa trattoria, economica, ma dai sapori tradizionali, dove le tovaglie sui tavoli sono costituite da rettangoli di carta goffrata, il menù di giornata scritto con il gesso su una lavagnetta già solletica il palato, perché se ignoro come siano le terrine del Morvan, l’ossobuco con lenticchie richiama piatti tradizionale della mia regione. E pare di vedere i due fare onore al cibo in questo ambiente semplice e popolare.
Non bastasse questo, poiché l’omicidio è stato commesso nell’appartamento di un condominio, l’indagine svolta da Maigret si sviluppa anche con le visite agli inquilini, una serie di ritratti talmente riuscita da ritagliare un angolo, nemmeno nascosto, sul palcoscenico della vicenda.
Piano piano, con pazienza, Maigret si trasforma da ragno in gatto, per giocare con i sospetti topolini e praticamente per chiuderli in un angolo, da cui invano si sforzeranno di uscire.
Come di prammatica alla fine il commissario riuscirà a prendere due piccioni con una fava, lasciando al giudice Ancelin il privilegio di decidere chi dei due sia l’assassino, anche se entrambi colpevoli comunque per le rapine alle gioiellerie.
Da leggere.