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Fascino e misteri nelle tane delle volpi d'Islanda
In una Reykjavík aspra e pungente, Erlendur Sveinsson svolge il proprio incarico di ispettore di polizia trascinandosi dietro, ormai da trentacinque lunghi anni, il mistero (irrisolto) riguardante la scomparsa del fratellino durante una 'gita in montagna' in compagnia del padre.
Non c'è giorno, ora, minuto in cui il passato non riemerga dal vacuo oblio solamente per giocargli brutti scherzi, così decide una volta per tutte di affrontare la propria chimera ritornando nel piccolo villaggio dell'Islanda orientale in cui ha vissuto la propria infanzia per cercare (definitive?) risposte in merito a una ferita che mai potrà rimarginarsi senza lasciare cicatrici.
Non ha fatto però i conti con Bòas, un cacciatore di volpi della zona che gli presenterà dinanzi il caso 'al femminile' del proprio fratellino, in quanto nel 1942 una donna scomparve lungo un sentiero montano del territorio limitrofo e non venne mai più ritrovata.
Un parallelismo che si rivela essere pane per i denti dell'ufficiale pubblico, che condurrà di pari passo le indagini dei due enigmi attraverso luoghi primitivi inestricabili e imbattendosi in loschi personaggi che 'tutto sanno e nulla dicono', sino a lasciare spazio ad un finale apparentemente riconciliante, ma, purtroppo per tutti, innegabilmente beffardo e crudele.
Ci troviamo quindi di fronte a un giallo scandinavo dalla radice innovativa, perché sono evidenti i segnali di rottura dal consueto e ormai stereotipato intreccio di marca noir che va in scena nella 'città-metropoli-megalopoli' fumosa, chic e superficiale;
Sullo sfondo di "una strana atmosfera, misteriosa e aliena, in stridente contrasto con la quiete della natura, con lo stretto fiordo, il mare placido e i monti che si specchiavano sulla superficie dell'acqua con il loro bianco cappuccio di neve", le valutazioni di Indridason abbracceranno persino i meandri più arcani della psiche umana, mentre, a fare da contralto, troviamo una natura pseudo-leopardiana che apprezza il gaudente cinismo nell'aggredire una creatura in tenera età con i propri capricci egoistici.
Non manca tuttavia lo spaccato di stampo autobiografico, perché, come in "una sorta di triste consapevolezza, intessuta nella sua voce, che il destino di ognuno fosse inevitabile", l'autore crea un vero e proprio transfert empatico col proprio alter-ego letterario: di notte, immerso nel solitario silenzio della propria dimora (terrena?), si lascia vincere da quei sanguinosi flashback che segnano la sua esistenza pressoché da sempre, mentre il giorno lo dedica alle ricerche di indizi che possano rispondere ai suoi troppi 'Perchè?'.
Ricerche e indagini che, tuttavia, si collocano in quel limbo intermedio fra un vivido rito iniziatico e un insolito peregrinare, in quanto abbiamo di fronte una dicotomia caratterizzata da un'insaziabile sete di risposte che permetterà al nostro protagonista di proiettare una luce diversa riguardo ferite mal (o mai?) curate, antiche suggestioni fantasmagoriche e cadaveri e tormenti sulla cui 'riesumazione' sarebbe controproducente soffermarsi.
Si tratta quindi di un romanzo dalle peculiarità assolutamente inedite che vuole fondere omogeneamente molteplici generi letterari per dare vita a un qualcosa di nuovo. E, aggiungo io, l'obiettivo è stato pienamente centrato, perchè, in fondo, non è da tutti visitare le terre incontaminate islandesi e notare, di primo acchito, che "si trovano le cose più incredibili, nelle tane delle volpi".