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AMICIZIA
Una barchetta di carta scorre lungo le piogge torrenziali di Derry, un bambino felice la insegue. Poi l'incubo che si risveglia nella cittadina americana. Un incubo rappresentato dalla crudele imitazione di un clown, che acquista le forme delle paure più nascoste, più torbide ed allucinate di un'intera comunità.
IT: la Cosa, l'indefinibile, la creatura sotterranea che attira, che intesse la tela per nutrirsi non solo della carne, ma anche della mente, delle fobie, dei terrori infantili.
Eppure, nonostante il potere ancestrale della paura, una speranza: un gruppo di bambini, bambini problematici alla ricerca di una loro identità, i Perdenti, che però traggono forza dalla loro unione e dall'amicizia che li lega. Ragazzini fragili e soli, arrabbiati e allo stesso tempo sempre pronti a ridere - a ridere nonostante tutto - che diventano adulti.
Ed è questo il vero focus del romanzo: l'amicizia. La crescita. E quel che irrimediabilmente si perde dopo aver attraversato un periodo della vita.
IT "risorge" da quella perdita ma il legame non si è spezzato. Dalle nebbie del tempo ritornano i ricordi di quell'estate, quando i Perdenti erano un'identità unica seppur frammentata il tante singolarità: Bill, il leader del gruppo ma anche tormentato dai sensi di colpa per la morte del fratello; Eddie, chiuso nelle sue ipocondrie e soffocato da una madre iperprotettiva; Richie, che mostra tante maschere - le Voci - per difendersi dal mondo; Beverly, vittima del rapporto di amore-odio nei contfronti del padre; Mike, che deve fare i conti con la sua pelle scura in un periodo ed in un contesto storico difficili; Ben, che sfoga le sue ansie ed il suo senso di inadeguatezza nel cibo; ed infine Stan, il personaggio forse più fragile del gruppo, quello meno sognante, meno "bambino" e per questo più debole - il personaggio che ho amato di più e che King ha forse trascurato.
La storia si intreccia in più di 1.000 pagine che non pesano, alternando momenti di puro terrore ai ricordi di un'estate, scandagliando emozioni, ricordi, momenti di vita. Il finale, come altre volte, non è probabilmente all'altezza dell'intero romanzo, anche se le ultime pagine sono di una bellezza struggente. "I finali sono senza cuore. Un finale è una porta chiusa che nessun uomo può aprire. Quella cosa che chiamiamo lieto fine non esiste. Non ne ho mai trovato uno che fosse alla pari di "C'era una volta". I finali sono senza cuore. Finale è solo un sinonimo di addio." dice Stephen King, ed è vero.
E congedandomi da questo romanzo ho avvertito un senso di vuoto, un addio doloroso da una storia e da personaggi che non si può fare a meno di amare.
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