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Inganno o abilità superiore?
“L'assassinio di Roger Ackroyd” (poco sotto romanzi come “Dieci piccoli indiani” e “Assassinio sull'Orient Express”, e al fianco di pochi altri, come “Sipario”) è una delle “punte di diamante” della produzione letteraria di Agatha Christie. Tutti questi titoli – pur riproducendo lo schema del giallo classico cui la scrittrice britannica ci ha abituati (e che la rendono riconoscibilissima) – hanno in comune un elemento di assoluta originalità, nella costruzione o nella conclusione della vicenda, che ne fa delle storie uniche, imperdibili per gli amanti del genere giallo.
A King's Abbot, il “patriarca” è Roger Ackroyd, sia per l'immenso patrimonio di cui dispone che per il carattere fermo e decisionista, attorno al quale ruotano le vite dei parenti più stretti e delle altre persone che si ritrovano nella sua magione, villa Ferlyn.
Per lui, però, siamo all'epilogo. Poco dopo il suicidio della signora Ferrars, la donna che – stando alle voci di paese – sarebbe diventata a breve la sua seconda moglie, Roger Ackroyd viene trovato assassinato nel suo studio.
In mancanza di certezze, i maggiori sospetti paiono addensarsi sul nipote Ralph, amante della bella vita e perciò perennemente in bolletta, la cui posizione è peggiorata dalla sua improvvisa sparizione.
Se nei paraggi c'è però il mitico “omino dalla testa d'uovo”, ovvero Hercule Poirot, si può star sicuri che l'indagine sarà condotta a 360 gradi. Il suo credo – “metodo, ordine e cellule grigie” – lo porterà a sbrogliare il filo dell'omicidio e separare quegli altri che, ingarbugliatisi col primo, sono invece da riferire a vicende personali dei vari indiziati.
Il finale, com'è abitudine del buon Poirot, non può che giocarsi in una riunione nella quale l'investigatore pone di fronte a sé tutti i sospettati e spiega, punto per punto, le varie dinamiche che hanno portato all'assassinio. Rinviando stavolta la soluzione a dopo la riunione, per un motivo che sarà il lettore a scoprire.
Questo libro della Christie ha generato nel tempo un acceso dibattito.
Il corso della storia è anche più “ordinario” di altri romanzi della scrittrice britannica, ed è questo – ci si potrebbe giurare – un effetto voluto, così da allontanare il più possibile l'idea che il finale possa essere, di contro, assolutamente fuori dall'ordinario.
Il problema è se, nel far questo, la regina del giallo abbia o meno... barato.
Chi legge un libro giallo, si sa, pretende di essere messo sullo stesso piano dell'investigatore che risolverà la questione: ciò significa che, per quanto di difficile decifrazione, tra le righe debbano essere sparsi quegli indizi necessari a condurre il lettore attento alla soluzione, prima che essa venga svelata.
Ne “L'assassinio di Roger Ackroyd”, la Christie è stata accusata di aver lasciato indietro il lettore mediante alcune omissioni; che nel caso concreto equivarrebbero a sviamento vero e proprio.
Certo, alla fine della lettura, ognuno la penserà come vuole. Tuttavia sarà difficile negare che, per scrivere una storia del genere, c'è bisogno di una abilità fuori dal comune... compreso il difficile equilibrio che uno scrittore riesce a creare per arrivare a quel tipo di risultato.
Ora basta però: non si può correre il rischio, brandendo minacciosamente uno spoiler, di assassinare l'assassino.
Dunque, buona immersione a chi vorrà!
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Commenti
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Valida disamina di un capolavoro della regina.
Ho apprezzato.
Il Syd
E' un libro che ho letto per la prima volta a 14 anni, e che mi piace rileggere ogni tanto... Credo sia quello in cui lo "spirito divertito" della Christie è più presente.
Grazie!!!
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