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Bye bye fantasy!
Prima di dire il mio definitivo addio al fantasy, mi accingo a un’impresa improba: cercare di commentare con decenza un’opera che – se devo dirla tutta, ma proprio tutta e fino in fondo – ha catturato la mia attenzione per il titolo (che scimmiotta Freud) e per il cognome dell’autore (così simile, non fosse per l’iniziale, a quello del più celebre filosofo danese). Ovviamente, questi criteri per la scelta di un libro sono troppo labili e le premesse sono troppo deboli per fondare l’interesse in un genere che – evidentemente – mi è alieno…
Vediamo allora come posso razionalizzare una bislacca storia intorno alla quale viene scritta la bellezza di 399 pagine fitte fitte.
AMBIENTAZIONE E PROTAGONISTI
Siamo nella Copenaghen di metà ottocento (“Solo ora, a più di cinquant’anni dal nostro primo incontro, avvenuto nel 1846, posso narrare le nostre esperienze comuni”). Qui si aggira l’adolescente narratore: è figlio di un bibliotecario che perisce in strane circostanze (“A causa della malattia, la morte di mio padre fu considerata un suicidio”), non prima di aver lasciato al protagonista un libro sibillino (“Ex Libris Somniorum era scritto sopra il disegno”). Dopo la morte del padre, l’intera famiglia cade in disgrazia e il figlio-narratore vive sulla strada, compie piccoli misfatti, finisce in prigione e viene liberato da colui che diverrà il suo “maestro”:
“Mortimer Welles
Agente di pegno
Restauratore di libri
Razionalista praticante”
“Conoscevo vostro padre … eravamo intimi amici, fino all’ultimo…”
Il ragazzo non sa bene se sia meglio disfarsi del libro ricevuto in eredità o conservarlo (“Separandomi dal libro avevo perduto l’ultimo resto fisico di mio padre, ma allo stesso tempo era un sollievo essermi liberato dall’enigma che mi tormentava da tanti anni”): vero è che il libro rappresenta la chiave d’accesso a un mondo occulto…
ATMOSFERA LIBRESCA
Nella bottega di Mortimer, il ragazzo dovrebbe apprendere l’arte della rilegatura, che potrebbe praticare restaurando le Metamorfosi di Ovidio, affidategli da Klara. In realtà il laboratorio è l’occasione per frequentare, insieme a Mortimer (sì, il maestro si chiama proprio come il protagonista di “Arsenico e vecchi merletti”!), un circolo di personaggi dal nome cavalleresco (come Parsifal e Galahad), dediti più a bere acquavite che a condurre strampalate indagini. Il tutto è intercalato da frequenti visite alla biblioteca comunale (“Una biblioteca è espressione di tutte le conoscenze di un paese, misurate in volumi e pagine”).
MISTERIOSE SPARIZIONI
A Copenaghen continuano a sparire persone (“Il poeta scomparso senza lasciar tracce”), proprio come in passato era accaduto alla moglie di Mortimer (“Ebbi la netta sensazione che si trattasse della moglie di Mortimer, la donna ritratta nel quadro al pianterreno”): “Era stata a uno spettacolo al teatro reale e sparì fra il teatro e casa”.
FAZIONI OPPOSTE
Intanto monta il conflitto tra potere oscurantista (“Se il Ministero trova la Biblioteca, finiranno tutti nei forni del ministero”) e libertà intellettuale (“Noi vogliamo il contrario. Vogliamo liberare la parola!”): un tema di per sé apprezzabile, se a un certo punto… non andasse alla deriva, al punto che il lettore comincia a parteggiare per la repressione. Questo perché nel libro prende piede una realtà sommersa e onirica (“Trovarmi nel sogno cominciava a piacermi”), una biblioteca ove i bibliotecari sono soggiogati e tenuti prigionieri, un luogo raggiungibile soltanto attraverso un misterioso fluido che la mia mente schematica e semplificatrice identifica con la “droga” (“Era la prima volta che facevo un’iniezione a qualcuno e le mani mi tremavano un po’”). L’autore però continua imperterrito nelle sue macchinazioni e dà un colpo al cerchio e uno alla botte: “Il pastore vi ha detto che la Biblioteca smetterebbe di esistere se tutti lasciassero il sogno?”
IL MIO GIUDIZIO
Naturalmente è negativo. Ma un merito questo libro ce l’ha: per reazione, andrò a leggermi “Arsenico e vecchi merletti” di Joseph Kesselring!
Sul romanzo, oltretutto, si addensano ombre consapevoli di plagio (“Come la storia del Libro delle anime, che raccoglie le anime di tutte le persone che lo hanno letto, o il Libro dei morti, che rivela la data di morte di ciascun cittadino”); tuttavia non è questo il peccato peggiore del libro. Ammesso che il peccato non risieda in me, che con convinzione esclamo: bye bye, fantasy addio!
Bruno Elpis
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Commenti
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Grazie carissima :-)
Ciao Bruno, rispetto molto la tua opinione e la tua analisi non positiva ma proprio per la definizione di “storia bislacca” che tu hai dato a me personalmente la lettura di questa storia (fantasy) è piaciuta.
Questo per sottolineare come cambia il giudizio su un qualsiasi argomento per motivazioni soggettive.
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odio le stroncature becere e sfrontatamente irriverenti