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Maigret non si smentisce mai
Le inchieste di Maigret sono come le ciliegie: una tira l'altra.
In questa, gli ingredienti sono come sempre stuzzicanti: un insipido eppure cupo crocevia fuori Parigi, un commerciante di diamanti trovato morto nell'auto nuova di zecca di un insulso assicuratore di provincia, la grande casa dal passato macabro abitata da due schivi danesi, ma nel cui garage è stata ritrovata l'auto, e un'officina con pompa di benzina che lavora fin troppo, di un garagista che chiacchiera fin troppo.
Le pagine scivolano veloci mentre Maigret, placido e imponente, vaga ai tre angoli del Crocevia, cercando di inquadrare soprattutto gli stranieri, l’onesto Carl e la fascinosa Else Andersen.
Il lettore -e questo, a parer mio, è una delle cose che rendono i gialli di Simenon così intriganti- non riceve mezze teorie perchè il commissario si limita a raccogliere indizi, a verificare dettagli senza senso, a seguire una sua segreta linea di pensiero senza che nulla venga rivelato prima del finale: deve districarsi tra gli indizi che sembrano tutti puntare il dito contro Carl Andersen e scavare più a fondo, con il suo solito acume e apparente imperturbabilità.
La realtà misteriosa del Crocevia delle Tre Vedove nasconde una trama ben più gretta ed economica, difficile da intuire fino alle ultime battute piene di tensione prima dell’agognata spiegazione.
La scrittura è semplice, ma non scialba: Simenon ha il dono della descrizione spesso telegrafica, ma che evidenzia dettagli curiosi sufficienti per comunicare l'esatta atmosfera immaginata dallo scrittore.
Vera chicca il finale dal ritmo incalzante, un fulmine rispetto alla quiete sinistra che sembra regnare al Crocevia delle Tre Vedove, dove tutti recitano alla perfezione un ruolo che non è il loro.
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Anche a me piace Maigret !