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Una scommessa letteraria
A motivare Alavoine, medico generico di una cittadina francese, a scrivere al “suo” giudice è il senso di delusione. Non la delusione di essere stato condannato per omicidio, ma anzi il contrario: che lo stesso giudice istruttore abbia fatto trapelare la considerazione secondo cui ritiene quel reato non commesso con premeditazione.
Se è così, allora quello che l'omicida ha messo in atto, e che dipende direttamente dalla vita che ha condotto, non potrà essere compreso da nessuno... e per Alavoine è un'idea insopportabile: “cerchi di capire, per favore. Non faccia come quelli che si sono occupati del mio caso, come quella giustizia che lei serve e che nel mio delitto non ha voluto vedere nulla di ciò che contava realmente”.
La lettera al “suo” giudice, allora, è il pretesto per ricostruire l'antefatto di quel delitto, l'unico commesso e forse l'unico che poteva commettere un onesto medico di paese come Charles Alavoine. E l'antefatto è l'intera sua vita, a partire dal rapporto con la comprensiva madre, poi con la remissiva e sfortunata prima moglie Jeanne, che gli darà due figlie, e con la volitiva e “chirurgicamente” prevaricatrice seconda moglie, Armande, fino ad arrivare alla fragile ed incompiuta Martine, la donna che, da lui incrociata per un casuale capriccio del destino, gli sconvolgerà la vita (per la verità, lo sconvolgimento sarà reciproco).
La scommessa iniziale di Simenon stuzzica, e molto: raccontare una vita non attraverso la “classica” narrazione dei fatti, bensì per mezzo di una lettera-confessione indirizzata a un destinatario per nulla scontato.
Tutt'altro che scontata, se ci si pensa, è anche l'idea che uno scrittore (Simenon o chiunque altro) possa riuscirci. Difatti il nostro autore in questo sembra fallire: quel giudice Corneliau che nella prima parte del racconto viene considerato dal condannato come un vero e proprio interlocutore – e dunque pienamente coinvolto nell'analisi di Alavoine – poco a poco è messo ai margini, essendo evocato più come uno spettatore del resto della vicenda.
Intendiamoci: la scommessa era davvero ambiziosa. E comunque non si può dire che sia, per Simenon, totalmente persa: difatti il monologo “aperto” del protagonista viene comunque sostituito, in progressione, da una storia raccontata in modo ammirevole. George Simenon è un gigante dell'introspezione: le pagine che approfondiscono l'inizio del rapporto tra l'uomo-bambino (per un senso) Alavoine e la donna-bambina (per altro senso) Martine esprimono un senso di coinvolgimento misto a tenerezza in un modo assolutamente ammirevole.
Sono il prima e il dopo, tuttavia, a destare qualche perplessità (almeno per chi è più attento all'analisi dell'animo umano): non appare del tutto conseguenziale che la vita coniugale di Alavoine debba portare a quel tipo di evoluzione personale determinata dall'incontro con Martine, così come le ultime venti-trenta pagine – in cui l'amore possessivo e carnale dei due evolve in qualcosa di diverso – sembrano “accelerare” notevolmente rispetto al ritmo sino allora mantenuto.
In ogni caso un libro da leggere, se non altro per l'analisi psicologica e umana sui personaggi principali del romanzo, sulle loro ossessioni e fragilità e sul conseguente modo in cui le stesse si rapportano e si combinano (oppure si mancano).
Commenti
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Pia
Sulla psicologia del personaggio, Cristina, non riesco a vedere questa insoddisfazione - prima dell'incontro con Martine - che d'improvviso esplode in Alavoine... ma è un'opinione del tutto personale: magari Simenon voleva solo suggerirla, perchè il momento della "deflagrazione" sentimentale fosse più coinvolgente possibile per il lettore...
... Non lo so... sto facendo anche io psicologia spicciola, probabilmente...
Charles uccide Martine perchè è convinto che ciò sia nel suo destino... anzi, perchè ritiene che sia ciò che la donna in realtà vuole. Martine è due donne insieme: una fragile, ed una che cerca di liberarsi di questa fragilità. La vera inquietudine è che tutto ciò, nel romanzo di Simenon, è quel che Charles afferma, e non è detto che sia la vera "ambizione" di Martine. Salvo la remissività della donna anche nel momento decisivo del libro, non c'è nessuna vera conferma di questa visione di Charles. E' proprio questa ambiguità che mi fa affermare, alla fine del libro, che vale la pena leggerlo... anche se non lo consiglierei a chi magari predilige cose meno impegnative.
... Dimenticavo: è proprio la convinzione di Charles di aver fatto ciò che andava fatto a spingerlo ossessivamente a scegliere il giudice come suo interlocutore, affinché almeno lui sappia...
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questo Simenon mi manca