Dettagli Recensione
ma che ansia il dittafono!
Jan Forstner è uno psichiatra specializzato in criminologia. Ma la sua carriera, come il suo matrimonio, ha avuto una battuta d’arresto. Jan è una persona inquieta, tormentata dal rimorso e vive con un costante senso di colpa. Ma adesso ha l’occasione per ricominciare. Il direttore della Waldklinik, la clinica dove aveva lavorato anche suo padre, gli offre un posto di prestigio strappandogli però la promessa di farsi aiutare dal suo collega, il dott. Rauh. Jan accetta anche se con una certa riluttanza e torna a Fahlemberg, la città che ventitré anni prima era stata teatro di avvenimenti drammatici rimasti ancora irrisolti: la perdita dell’amica Alexandra, morta all’alba nel laghetto del parco sotto i suoi occhi; la scomparsa del fratellino Sven e la perdita del padre. Tutti avvenimenti, tra l’altro, accaduti nell’arco di due giorni.
Dorn ci descrive in modo appassionante e drammatico il percorso introspettivo che Jan compie con l’aiuto del dott. Rauh, che lo porterà a rivivere, e noi insieme a lui, i drammi della sua infanzia.
Jan si butta a capofitto nel lavoro con l’intenzione di rifarsi una vita ma appena arrivato a Fahlemberg, assiste al suicidio di una ragazza, Nathalie. La sua somiglianza fisica con Alexandra è inquietante. E anche Nathalie come Alexandra era una paziente della Waldklinik. Coinvolto nella vicenda del suicidio, Jan si ritroverà, suo malgrado, ad indagare per scoprire possibili legami con la morte di Alexandra. Ma la sua indagine lo condurrà molto più lontano.
Wulf Dorn si conferma un ottimo scrittore. La vicenda è ben orchestrata e non mancano i colpi di scena. I personaggi sono interessanti, ben descritti e lo scrittore ne approfondisce con una discreta abilità i lati più intimi. Come nel romanzo precedente, Dorn usa come sfondo la psichiatria e i suoi lati inquietanti e questo lo rende originale.
Da leggere tutto d’un fiato!