Dettagli Recensione
Il thriller che non c'è
Un paio di omicidi e qualche indagine riescono a fare di un romanzo un thriller quanto un elegante vestito e un grazioso paio di scarpe fanno di una bella donna una top model.
Le qualità intrinseche possono risultare esaltate, ma difficilmente qualche dettaglio può far apparire ciò che non è. La signora poco avvezza al tacco 12 e allo spacco profondo inciampa risultando poco aggraziata e il thriller ostacolato dalle ricche descrizioni dei personaggi, dei luoghi e dalla quasi assenza di narrazione da “scena del crimine”, procede claudicante rilegato al ruolo di comparsa con due sole uscite: l'inizio e la fine.
In mezzo? Il romanzo. La storia.
Leggendo ci si mette così in cammino in una San Francisco che sfoggia tutte le sue variegate forme di vita, mostrandosi indulgente, tollerante e libertina, ma anche indifferente e qualunquista. Si “gironzola” con una moltitudine umana, uomini d'affari, spacciatori, gay, trasformisti, guaritori, medici e cosi via, finendo per avvicinarsi agli uni o agli altri e talvolta credendo di essersi imbattuti in se stessi. S'incontra Indiana, guaritrice dall'animo puro, dedita agli altri e fermamente convinta della bontà umana attorniata dai suoi uomini: il padre farmacista Blake Jacksson, dedito alla nipote e alla figlia, l'ex-marito Bob Martin, capo della sezione omicidi cinico e libertino, il compagno Alan Keller, ricco rampollo datato e l'amico Ryan Miller, ex- navy seal senza una gamba e con fantasmi nell'armadio. Attorno, tutti i clienti delle clinica olistica, personaggi segnati nel corpo e nell'anima a cui Indiana presta soccorso fisico e morale. Insieme alla madre, la figlia Amanda, teenager brillante e perspicace con difficoltà a socializzare che ha, nel mondo virtuale, la sua rivincita come maestra del gioco di Ripper. Alla guida di una schiera di giovani “emarginati”, un ragazzo paraplegico della Nuova Zelanda, un agorafobico del New Jersey, un'anoressica di Montreal e un orfano afroamericano studente a Reno, si diletta a risolvere i casi ambientati nella Londra di Jack Lo Squartatore.
Quando San Francisco diviene teatro di una serie di delitti, i giocatori decidono di dirottare il gioco ai giorni nostri. Il gioco di Ripper si fa agorà, tavola rotonda, luogo di incontro in cui le differenze, le paure e le menomazioni, fisiche o mentali che siano, spariscono e democraticamente si propone, si deduce, s'indaga. Dietro il velo del nickname ognuno si sente più spontaneo, più libero riuscendo a far brillare la propria intelligenza, la propria forza per esprimere senza remore le idee personali.
Pagina dopo pagina, virtuale e reale sono sempre più in sintonia con il primo che guida il secondo verso la giusta pista e indizio dopo indizio verso la mano omicida.
In definitiva, una commedia umana che scruta l'uomo, lo analizza, lo scandaglia fin nei meandri più oscuri del vissuto, senza commiserazione o compatimento, cercando di mettere in risalto ciò che c'è di buono nei singoli, nelle famiglie, nelle comunità di persone passando per l'analisi dei rapporti tra madre-figlia, tra nonno-nipote, tra ex-coniugi, tra colleghi etc... Uno sguardo ironico alla vita con tutte le sue contraddizioni e le sue debolezze, ma sopratutto con la sua voglia di riscossa, motore per superare le proprie barriere permettendo al vero io di emergere, migliore o peggiore che sia.
Un romanzo, non un thriller, da leggere!
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Commenti
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Si la lettura del libro è un piacere sembra quasi di appartenere a quel mondo, ma il thriller mi sto ancora domandando dove sia......forse nella trovata commerciale per aprire a nuovi lettori :-)!!!!!
Ops! Cattivo pensiero, ma......
Grazie di aver letto la mia recensione e per il tuo commento!!!
Confermo che escluso il thriller il libro c'è ed è ben fatto. ...fammi sapere quando hai finito che ne pensi....buona lettura
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