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Maigret e l'amico d'infanzia Léon
Gli amici d’infanzia ci riportano sempre ad un periodo perduto della nostra vita ed è proprio questo che accade a Maigret, quando va a fargli visita Léon Florentin, il figlio del miglior pasticciere di Moulins, quello che aveva sempre le tasche piene di soldi ed era sempre così sicuro di sé. Quel tipo, un tempo così loquace e quasi un bullo, ora è nei guai. Gli racconta quello che gli è accaduto: è il testimone involontario di un delitto. Il suo racconto ha poco di credibile, ma il commissario Maigret vuole dar credito all’amico e pensa che nelle parole dell’amico “d’infanzia” ci sia un fondo di verità. Non vuole pensare che Léon possa essere l’assassino.
All’inizio le indagini procedono però un po’ a tentoni, perché la vittima, la donna che manteneva da anni, era mantenuta anche da altri uomini.
L’unica testimone che potrebbe dire di più, la portinaia dello stabile dove abitava la vittima, è una donna reticente e non parla molto non provando simpatia nei confronti di Maigret.
L’inchiesta iniziata come sempre un po’ a rilento e con un ritmo rilassato, si fa presto serrata. Solo Maigret, con la sua abilità logica e il suo metodo, come dice il protagonista stesso, “di non avere metodo”, può far luce sul giallo che vede coinvolto il suo amico d’infanzia.
Come sempre il romanzo è breve, le inchieste condotte da Maigret si discostano un po’ dai metodi del poliziesco classico, ma tracciano suggestivi ritratti psicologici dei personaggi coinvolti, nella misteriosa atmosfera della città di Parigi.
Consigliato.
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