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“Sono stati loro a cominciare”
Scopriamo che tutto è menzogna, i rapporti che pensiamo autentici falsati, dalla paura e dalla certezza che quel comportamento, quello scherzo malvagio, quella pubblica umiliazione prima o poi toccherà anche a te.
Non riesco a provare simpatia per nessuno in questo racconto.
Non la provo per i genitori disperati per i loro figli, ora che la sofferenza e il dolore si è voltato verso loro. E forse sono cinica e meschina pensando dov'erano quando i cattivi protagonisti erano i loro figli? Come possono essere stati così ciechi mentre i loro figli distribuivano odio e violenza gratuita?
Dovrei essere solidale con le loro lacrime, con la loro disperazione e accodarmi con loro dietro il corteo funebre, ma non riesco a provare nulla di tutto ciò; riesco a sentire questo sentimento solo per quei ragazzi e genitori che si sono trovati al posto sbagliato al momento sbagliato.
Non lo provo verso i professori, ciechi, che, così come spesso accade, hanno ripetutamente punito l’alunno più facile da punire, quello più debole e indifeso, quello più remissivo che non avrebbe dato problemi. Da un lato ciechi alle continue richieste di aiuto, dall’altro disinteressati a cercare di capire cosa stesse succedendo al povero Peter.
Non lo provo per Peter che ora non giudico più una vittima. Lo è stata sempre, non c’è dubbio, ma aveva sicuramente un’altra possibilità. Urlare, urlare con tutto il fiato i soprusi subiti, anche nella difficoltà, anche nella paura, nell’isolamento e nella disperazione urlare aiuto, sempre più forte.
E chissà che almeno la “cieca” ma buona madre avrebbe sentito.
Ma Peter non ha urlato. Forse perchè sapeva di non potersi fidare, gli è mancato l’elemento fondamentale a sostegno delle sue urla, la fiducia. Fiducia nella famiglia come porto sicuro in cui rifugiarsi, fiducia negli insegnanti insensibili e indifferenti alle sue difficoltà, fiducia negli altri genitori che avrebbero dovuto insegnare ai loro figli, spiegare, parlare, raccontare, in una parola etica civile e sociale.
I genitori con la loro presenza devono infondere quella sicurezza che nella vita ti servirà, ma se da un lato ci auguriamo di essere sempre accettati dagli altri, dall'altro dobbiamo sapere che non si può piacere a tutti. Ma questo Peter lo sa, e non lo pretende. In questo, Peter è sicuramente una vittima.
Ci basta questa giustificazione per assolverlo? E tutte le umiliazioni e soprusi subiti bastano a giustificare? No, non bastano.
Ascoltiamo che Peter era in uno stato di dissociazione mentale la mattina del 6 marzo, cioè era fisicamente presente, ma mentalmente lontano. Ciò si verifica quando si possono separare I propri sentimenti riguardo a un evento, dalla consapevolezza di quell'evento. E' come se la persona non sapesse cosa sta' facendo.
“Sono loro che hanno cominciato.”
Uccide 10 persone e ne ferisce altre 19. Questo è il dato di partenza. Da qui ci muoviamo indietro nel tempo a conoscere I ragazzi, le famiglie, le situazioni e I rapporti tra loro.
Il racconto è lunghissimo, davvero troppo. Assolutamente inaspettata la piega che prende.
Ti lascia grandi domande e poche risposte e soprattutto la certezza che la reiterazione degli errori può avere conseguenze inimmaginabili.
”Su un lato dell'atrio, davanti alla parete di vetro, c'erano dieci sedie. Erano le uniche ad avere lo schienale e a essere verniciate di bianco. Bisognava guardare da vicino per capire che, essendo fissate al pavimento, non potevano essere state trascinate lì dagli studenti e dimenticate. Non erano né allineate né collocate a distanza regolare l'una dall'altra. Non recavano né nomi né targhe, ma tutti sapevano perchè erano lì.”
Conosciamo davvero I nostri figli?
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Commenti
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Ti rispondo alla tua domanda finale...Se abbiamo costruito un rapporto autentico con i nostri figli, dialogando sin da piccoli, conoscendo le loro frequentazioni, dando il giusto esempio e dando loro attenzione e tempo...allora si, conosciamo i nostri figli.
Per me è stato così!
Pia