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La zona morta
 
La zona morta 2013-10-04 09:18:04 McLennon
Voto medio 
 
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McLennon Opinione inserita da McLennon    04 Ottobre, 2013
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Dono o maledizione?

King, come più volte ho sottolineato, è dotato di una maestria unica nel ricreare atmosfere pananormali ricche di suspance e di tensione ad altissimo livello allo stesso tempo però, tingendole di grande naturalezza e realismo.
E' il caso della storia di John Smith, uomo comune dal nome comunissimo, che un giorno della sua infanzia, mentre si trova nel bel mezzo di un pomeriggio di svago a pattinare sul lago ghiacciato della sua città, cade e batte la testa riportando quella che all'apparenza sembra una contusione da niente.
Da quel momento però John comincia ad avere delle specie di sensazioni, offuscate e vaghe, che gli donano una capacità di vedere gli avvenimenti futuri e cade in una specie di trance ogniqualvolta ne sperimenta una.
Visioni che esplodono in vera e propria capacità di veggenza in seguito ad un terribile incidente automobilistico di cui è nuovamente vittima anni più tardi, al quale riesce a sopravvivere per miracolo.
La vita a questo punto diventa per lui una sorta di inferno perchè quel dono che all'apparenza sembra la chiave per l'immortalità si tramuta in un incubo; ogni percezione ha dei lati oscuri e terrificanti, e John giustifica la cosa affermando che è a causa della "zona morta" ossia quella parte del suo cervello che è stata lesa prima durante la sua infanzia e poi nello scontro automobilistico.
Per alleviare quindi tale fardello deciderà quindi di sfruttare le sue doti paranoramali per aiutare a risolvere efferati crimini locali e successivamente una minaccia ancor più grande..

Al di là di quella che può essere una buona trama, coinvolgente e di grande suspance, il "Re" nasconde (neanche poi più di tanto) tematiche assai più profonde e caratteristiche della sua biografia: l'ineluttabilità del destino che si manifesta nelle maniere più strane e imprevedibili ma che raggiunge sempre il suo scopo finale, l'eterna lotta tra bene e male, la capacità di quest'ultimo di trovare sempre una via per manifestarsi, la buona fede che finisce col rivelarsi disastrosa, la redenzione.
Il romanzo, come spesso accade quando si parla di King, riesce ad essere di un'attualità disarmante pur essendo stato scritto sul finire degli anni settanta e lo stile lascia senza respiro fino all'ultima pagina, permeando ogni singola riga con un senso di inquietudine e di tensione unici: mai una parola di troppo o un passaggio prolisso, mai una frase fuori posto.

Tutto è voluto e tutto concorre al fine ultimo.

Un libro fantastico, a mio parere tra i suoi migliori.

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