Dettagli Recensione
Involontariamente comico
Un romanzo commerciale per certi aspetti innovativo e straniante, per altri addirittura incredibile, nel senso che con tutta la buona volontà non gli si può proprio credere.
Per buona parte del libro il riflettore è puntato sull'antitesi dell'immancabile e stereotipato eroe, sul nemico per antonomasia: il terrorista. Il resto del libro è la caccia al terrorista. Questa, quella della prima parte, quella di mettersi nei panni del terrorista, è senza dubbio un'intersesante novità per la narrativa commerciale, una novità che, se ben sviluppata e approfondita, con le sue peculiari tematiche, potrebbe andare a sondare terreni fin'ora sconosciuti e che, proprio perchè è destinata al "grande pubblico", a differenza di molti, molto più accurati, specifici, seri, ma anche non facilmente abbordabili, e talvolta piuttosto noiosi, lavori potrebbe addirittura smuovere le masse (oddio forse è un po' troppo in fondo è pur sempre un lavoro di fantasia) e far gridare, alcuni, allo scandalo e, altri, al capolavoro, se ben approfondita e sviluppata... ma così purtroppo non è.
Sviluppata qui è sviluppata, per carità, peccato che l'autore ad un certo punto non si renda conto di svilupparla un po' troppo e così facendo di superare la misura, di approfittare cioè eccessivamente dei già lassi confini di verosimiglianza di una storia finta, irreale, e di cominciare addirittura a dar segni di provare una sorta d' affezione domestica per il "povero terrorista", mischiando palesemente la sua vita (quella dell' autore) e i suoi problemi a quella del terrorista. E sebbene un tentativo di approfondimento psicologico del "nemico" sia più che lodabile se, come già detto, si esagera, il dramma si trasforma in commedia e la serrata azione diventa fatua ridicolaggine. E non uso il termine a caso poichè qui ad un certo punto si sfiora veramente il ridicolo, e non è un ridocolo voluto (se così fosse non sarebbe per nulla riuscito) è un ridicolo del tutto involontario: l'autore ad un certo punto ci infila dentro pure una dieta, mette il terrorista a dieta! Ma dai... Va bene gli stereotipi ma una micidiale macchina di morte a cui basta un colpo di mano per uccidere un uomo, che neanche il Rambo di trent'anni fa, e poi lo vedi al tavolino del ristorante a ordinare tacchino e verdura al vapore perchè ha lo stomaco delicato, oppure fare dieci minuti di jogging al mattino, tra un attentato e l'altro, perchè deve smaltire qualche chiletto e con l'età, si sa, se incominci a metter su peso poi quando, innescata la miccia, c' è da scappare e hai il fiatone non va mica bene... va bene gli stereotipi, ma con tutta la buona volontà come può essere preso sul serio?!
Già perchè è così che il micidiale nemico ci viene descritto: un minuto prima pronto a far esplodere un treno o un sommergibile o quel che è, e un minuto dopo un gran simpaticone, una pasta d'uomo, un adorabile membro di una società che non ha ancora sterminato del tutto poichè vessato, poverino, dalle vicissitudini dell' uomo di mezza età e perchè, diciamocela tutta, tra il dispensare consigli per una vita sana e prodigarsi in suggerimenti con i giovani terroristi in erba, che appena lo riconoscono incominciano ad idolatrarlo neanche fosse una rock star (davvero, nel libro succede anche questo!), insomma tra una cosa e l'altra, dove lo trova il tempo per sterminare i principali capi di stato, migliaia di poveri innocenti e sovvertire l'ordine della civiltà occidentale? Insomma non si può pretendere troppo altrimenti poi si stressa, gli viene un esaurimento e si rischia che l'autore lo mandi pure dallo psicologo o peggio a fare yoga con le cinquant'enni! Ma dai... E questo sarebbe l'approfondimento psicologico?
Non c'è nulla di peggio che creare delle aspettative e poi non solo disattenderle, ma mortificarle con la piatta banalità. E giusto per restare in tema, terminato l'escursus "sull' insospettabile vita di un terrorista qualunque" si passa poi alla seconda parte, la seconda metà del libro, in parte alternata e intercalata alla prima e in parte no, la parte dei buoni, degli eroi che danno la caccia al "simpaticone", e questa parte, se possibile, è ancora più banale dell' insospettabile e deludente prima, ed è zeppa d'azione da quattro soldi, di pensieri mono neuronali e di luoghi comuni talmente comuni da diventare province (scusate qualcuno mi deve aver contagiato con la sua demenzialità, chissà chi?). E qui i "buoni" risplendono di luce propria e i "cattivi", in barba a tutto quanto letto prima, tornano ad essere dei veri e propri str... e tutto ciò che si presumeva, sperava, ci fosse di innovativo nel romanzo va definitivamente a farsi benedire prima del "gran finale", una conclusione da western anni trenta con le rivoltelle di plastica, tanto comune, quanto inaccettabilmente ovvia. E il romanzo, come se già condannato in partenza da un titolo quanto mai azzeccato, rimesso sullo scaffale si mimetizza tra gli altri, si nasconde, quasi si vergognasse di aver osato l'inosabile dentro a un genere che non ammette variazioni, diventando una buona volta, veramente, invisibile.