Dettagli Recensione
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Homo homini lupus
Pazienza. La pazienza è ciò che secondo me occorre, nella decisione di affrontare questa lettura.
Il libro appartiene alla categoria del thriller. Quindi il lettore si dispone al susseguirsi di colpi di scena, crimini più o meno efferati, eroi coraggiosi intenti in indagini complesse. Tutto questo nel libro c’è, ma… con molta calma.
Tolto un incipit dai bagliori sinistri, il romanzo sembra, poco dopo, ripartire da capo, presentando coloro che ne attraverseranno la trama, con le loro storie. Il ritmo è estremamente lento. L’autore sembra poco interessato a mantenere desta l’attenzione del lettore, sembra quasi che scriva per sé stesso, buttando giù una quantità di informazioni che forse vorrebbe riorganizzare in un secondo tempo, quindi non ha alcuna fretta di approfondire quell’ assaggio di crimine che ci ha fatto inizialmente gustare. Anzi, con molta tranquillità ci spiega chi sarà l’eroe della nostra storia, senza tralasciare alcun dettaglio: infanzia, studi, vita familiare, amori, vita professionale. Oltretutto il “nostro” di mestiere fa il giornalista economico, che non è propriamente una professione eccitante!
Dopo le prime cento pagine, quindi, al lettore volenteroso ma stremato, capiterà di osservare trasversalmente il volume, considerandone perplesso la mole e domandandosi, mentre cerca di dipanarsi nella giungla inestricabile di nomi nordici, per noi quasi illeggibili, quando accadrà qualcosa di interessante. Quello stesso lettore, però, sa che (nonostante i detrattori) questo è stato un caso editoriale sensazionale e quindi andrà avanti stoicamente!
L’anziano e ricchissimo industriale Henrik Vanger, avvicinandosi al crepuscolo della vita, decide di tornare, per l’ultima volta, sul mistero che ha avvelenato la sua intera esistenza: la scomparsa dell’amatissima nipote Harriet, avvenuta quarant’ anni prima, in circostanze mai chiarite. La particolare indagine, verrà affidata al giornalista Mikael Blomkvist che, reduce da un colossale flop giornalistico, processato e condannato per diffamazione, amareggiato e sconfitto dopo gli eventi che ne hanno sconvolto la vita professionale, accetterà di occuparsi della vicenda. Blomkvist: prima in modo tiepido, poi sempre più coinvolto, cercherà di portare alla luce le verità agghiaccianti sepolte tra le brume inquietanti dell’isola di Hedeby, persa nell’ infinito inverno nordico e quasi interamente abitata dai misteriosi e ormai attempati, membri della famiglia Vanger. Coadiuvato dalla hacker Lisbeth Salander, Blomkvist partirà per un imprevedibile viaggio nel tempo, che lo porterà alla risoluzione del giallo, ma anche a contatto con le scabrose, profonde perversioni cui l’uomo può arrivare per soddisfare i suoi più bassi istinti. Gli schemi entro cui Blomkvist ha incasellato la vicenda umana fino a quel momento, sono destinati a saltare, lasciandolo solo e smarrito dinanzi a interrogativi etici ed esistenziali che lo porteranno a ribaltare totalmente la sua visione dei fatti e delle figure che popolano la vita di ognuno.
Questo è probabilmente il messaggio che questo sfortunato autore (morto poco prima che la sua trilogia “Millennium” riscuotesse il successo planetario), la cui vita è stata segnata da scelte etiche impegnative, quasi eroiche, ha voluto trasmettere ben oltre la storia: quanti volti hanno le persone che incontriamo? Chi sono i nostri colleghi di lavoro, i nostri vicini di casa, ma anche i nostri familiari? Cosa sappiamo di loro? Quanto, delle nostre certezze, verrebbe a crollare se potessimo “vederli” davvero?
La storia nasconde, quindi, enigmi profondi, che hanno a che fare con la natura stessa dell’uomo e pone micidiali interrogativi su quanto l’organizzazione sociale riesca a dominare o reprimere le pulsioni meno limpide degli individui. Come, in quali circostanze esse potrebbero esplodere fuori controllo? Quali strumenti hanno davvero le vittime per difendersi? Sollevando il velo, la nostra ordinata organizzazione sociale apparirebbe, allora, nient’altro che una farsa, di cui i più deboli fanno sicuramente le spese (le donne, citate nel titolo, ma anche i piccoli, i disabili, gli emarginati), in un’inarrestabile e spaventosa spirale di violenza che ingoia ogni illusione, in una disperata selezione naturale in cui i deboli sono destinati a soccombere e in cui le convenzioni sociali non sono che una fragile crosta sopra quotidiani orrori, riportandoci alle impietose intuizioni che Thomas Hobbes ebbe circa la vera natura antropologica già quattro secoli fa ( il suo homo homini lupus mi è tornato prepotente tra i pensieri durante la lettura…).
Quali attori concorrono a delineare questo quadro agghiacciante?
L’economia, lungi dall’ essere possibilità di progresso di un paese, cui i singoli possono partecipare senza distinzioni sociali, non è che un mostro multiforme la cui vera natura resta camuffata da un’informazione falsa e asservita. Multinazionali vischiose, viscidi serpenti dall’ apparente aspetto di azzimati avvocati, finanzieri dal piglio glaciale che, facendosi beffe di regole e leggi, trattano affari e smuovono inimmaginabili risorse, pronte a viaggiare ogni giorno sul filo invisibile della fibra ottica, mentre anche nell’ evoluta Svezia, il potere politico si lascia avvinghiare, pavido e corruttibile, nel mortale abbraccio dell’illegalità.
E quanto la tecnologia ci pone in una situazione di visibilità inconsapevole, in cui ognuno di noi potrebbe essere svelato, rompendo quello scrigno di vetro che ci occulta illusoriamente agli altri e mostrandoci improvvisamente in tutta la nostra ridicola nudità? Dov’è il freno? Dov’è il limite?
La minuziosa, quasi esasperata, descrizione della miriade di personaggi che popolano la trama del romanzo, mira a darci una doppia lettura di ognuno di loro: cosa c’è sopra, cosa appare superficialmente e cosa si cela nelle oscure profondità dell’ animo. Il carattere di ogni figura è cesellato nelle sue sfumature, con un mirabile lavoro di introspezione, perché al lettore arrivino tutti i piani di decodifica delle azioni che compie. Tra tutte la splendida, dolente eroina Lisbeth, indifesa, ferita, violata (l’ho subito affiliata ad una Nikita cibernetica!) che risorge dalle ceneri della più irrazionale, inaudita e gratuita violenza, per riscattare gli ultimi, impadronendosi dei metodi degli aguzzini e, nel sorprendente finale della storia, oscurando la scena al protagonista, rimasto a dibattersi nei dilemmi etici della sua coscienza, sorpreso, nel mezzo del cammin della sua vita, di avere anche lui un prezzo, che qualcuno ha avuto la sfrontatezza di pagare …
Si. Valeva la pena leggerlo e avere tanta, tanta pazienza.
Indicazioni utili
Commenti
6 risultati - visualizzati 1 - 6 |
Ordina
|
Ora mi state proprio incuriosendo con il secondo volume, ma la mia estrema sensibilità (che guaio, mi impressiono anche con "Piccoli brividi"!) provata da questa lettura, ha bisogno di un momento di decompressione! Ciao e grazie per il consiglio! Domitilla.
6 risultati - visualizzati 1 - 6 |
(Io ho molto amato questa trilogia :-)