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IL DRAGO CINESE
Durante una passeggiata sulla spiaggia, un labrador nero fiuta una traccia: un interessante odore lo porta a scoprire un sacco nero che racchiude un’orribile scoperta, resti umani.
Del ritrovamento viene subito informata la polizia di Goteborg, già alle prese con un emulatore di Jack lo Squartatore, e in particolare è Irene Huss ad occuparsi del caso.
Pochi sono gli indizi a disposizione, poiché il contenuto del sacco è stato in mare ed è davvero poco per poter giungere all’identificazione della vittima, di cui si sa solo che aveva uno splendido drago cinese tatuato su una spalla.
Con questa traccia e con un’analoga azione criminale avvenuta un paio di anni prima nella città di Copenaghen, il fronte delle indagini si svolge un po’ qui, un po’ là, con un intreccio tra vita privata e lavoro che rende le 500 pagine scorrevoli e piacevoli per gli amanti dei thriller dalle scene forti e crude.
Questo libro è il secondo che vede protagonista la detective Huss e nonostante questo si legge bene, non sembrando particolarmente collegato al primo della serie; l’autrice è brava nel descrivere i caratteri e le vite dei personaggi, che si delineano in ogni capitolo e che non rubano la scena alla vicenda principale, anzi, hanno il dono di alleggerire le tinte cupi e le scene raccapriccianti descritte in essi.
La traduzione a volte tentenna, alcuni errori sono evidenti e certe frasi suonano proprio male in italiano, ma a parte questo, e a parte l’epilogo di cui non ho ben capito il senso, mi sento di promuovere questo thriller; lo sconsiglio soltanto a coloro che non amano le descrizioni precise e dettagliate degli scempi che una mente malata è in grado di compiere.
Buona lettura!
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