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Un romanzo interlocutorio
Un romanzo convenzionale con una trama piatta e un ritmo fin troppo serrato che, proprio per questo, non raggiunge mai i picchi di godibile intellettualismo dei precedenti lavori dell'autore e che piuttosto ha la tendenza a far sprofondare il lettore in gole di catatonico disinteresse, specialmente per quel che riguarda la sorte del protagonista. L'autore, ormai ben consapevole di ogni aspetto del sistema che desta l'interesse attorno ai suoi libri, tenta di risvegliare l'attenzione dei lettori sparpagliando qua e la i suoi collaudati "enigmi simbolistico - massonici", ma qui più che nelle altre opere questi rompicapo hanno ormai il sentore di stantii giochetti enigmistici da spiaggia e alla resa dei conti neanche loro riescono risollevare le sorti di un romanzo che, man mano che lo si sfoglia, sembra sempre più precipitare in una sorta di astenosfera letteraria autolesionistica. L'immancabile scontato epilogo farcito di vaneggiamenti filosofici rispecchia il resto del libro, ma più che una inevitabilmente adeguata conclusione sembra una rampa di lancio per conferire al romanzo il titolo di "Much ado about nothing post litteram". Approfondendo il discorso del finale, anche se è un po' come rigirare il coltello nella piaga, Dan Brown, per quanto di solito sia piuttosto ispirato alla pontificazione sui massimi sistemi del mondo, nelle ultime pagine de "Il simbolo perduto" più che un edotto illuminato divulgatore di arcane verità sembra uno strampalato oratore in preda ad un delirio mistico - tecnologico che adopera mirabilmente la sua favella non tanto per perorare la causa quanto per tentare di giustificare (o forse sarebbe meglio dire "porre rimedio a") quanto precedentemente scritto.
Lo stile narrativo di Dan Brown è di facile appeal ma se mancano i contenuti è altrettanto facile che il lettore si stanchi. Detto questo è innegabile che sia una lettura divertente e quotidianamente intrattenitiva ma i capolavori sono altri.
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Eh ma la rabbia implica comunque una sorta d'interesse (anche se negativo) nei confronti di qualcuno o qualcosa, io invece dopo una decina di capitoli m'ero accorto che non me ne fregava più niente ne del protagonista, ne del suoi misteri stile sudoku, ne dei suoi complotti massonici da operetta!
Ora che mi rileggo per altro non capisco perché ho dato 4 stelle alla piacevolezza, forse solo per l'inizio quando descrive la quotidianità di Langdon, ricordo che mi ci ero quasi identificato, quella parte mi aveva fatto illudere che fosse diverso dal solito.
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Una sforbiciatina poi sarebbe stata come la manna biblica per i lettori Gli enigmi ? Ferrivecchi arrugginiti della casistica danbrowniana. "Il resto è silenzio".Differisco dalla tua opinione su un solo punto : la lettura non mi ha propiziato la catatonia,al contrario ,una sana arrabbiatura, in faticoso omaggio al "politicamente corretto" Mi èstato regalato.