Dettagli Recensione
....BRIVIDI....
Questo é un libro che fa venire i brividi leggendolo, che raggela l'anima. Il bambino 44 del titolo é la la quarantaquattresima vittima, quindi già si può capire che scenario agghiacciante ci aspetta. Già la copertina del libro (un uomo, solo che cammina seguendo le rotaie, mentre sulla neve ci sono macchie di sangue) comunica immediatamente il senso di solitudine. E la solitudine a cui mi riferisco è quella peggiore, quella in cui ci si trova attorniati da mille persone ma di cui non ti puoi fidare e scambiare neppure una parola. È questa l'Unione Sovietica del 1953. Chiunque è una possibile spia. Chiunque è pronto a tradirti se il risultato può essere una facilitazione anche minima della vita quotidiana. L'unione Sovietica del 1953 è fondata su un sistema che addestra i suoi adepti alla crudeltà e coltiva le paure del popolo. La vita di ogni cittadino è sotto il costante mirino di una Polizia di Stato che per il bene comune si fa portavoce di una legge che punisce e basta. Sei sospettato? Considerati già morto. Così deve essere. Così è.
Il romanzo inizia nel 1933, in un villaggio dell’Ucraina, dove due bambini inseguono un gatto scheletrico nel bosco. Il villaggio è un villaggio di disperati, in cui regna sovrana la fame, a seguito della folle politica staliniana di industrializzazione forzata con il risultato di sette milioni di morti, episodi di cannibalismo e la distruzione completa della società contadina.
Si è disposti a mangiare chiunque e qualunque cosa pur di sopravvivere anche se per poche ore. I due bambini rincorrono di nascosto nel bosco questo gatto per fare una sorpresa alla madre: un pasto caldo come non succedeva da tantissimo tempo. Alla fine di una concitata lotta in cui hanno loro la meglio il sipario cala bruscamente sulla scena di un uomo che brandisce un bastone e uno solo dei bambini che torna a casa, a mani vuote. Immagazziniamo in un angolo della mente la scena dei fratellini affamati - dovremo riprenderla molto più avanti nel corso della vicenda che compie un balzo in avanti, a vent’anni dopo.
È il febbraio del 1953, poco meno di un mese dopo sarebbe morto Stalin, ci sono ancora due fratellini al centro della scena, giocano a palle di neve, litigano, il più piccolo si allontana, verrà trovato morto. È lui il “Bambino 44”: la versione ufficiale dice che è stato travolto dal treno, che era troppo vicino ai binari. Ma suo padre fa parte della polizia segreta e cerca di ribellarsi alla legge del silenzio: suo figlio aveva la bocca piena di terra e l'addome lacerato. Suo figlio, cinque anni non ancora compiuti, è stato assassinato. Questo è il problema: non esiste la criminalità nella Russia sovietica, i delitti sono il prodotto della società capitalista. Quando si verifica qualche morte ‘impropria’, l’importante è incriminare subito qualcuno - un ubriacone, un vagabondo, un relitto della società - che sia plausibilmente il colpevole. E non in grado di replicare. Ma anche se lo fosse… i sistemi che si applicano nel famigerato carcere della Lubjanka sono tali da far confessare qualunque cosa a chiunque.
È proprio a questo punto che entra in scena l'eroe del romanzo, Leo Stepanovic Demidov e non ci piace per niente, ne facciamo la conoscenza in una stanza del Condominio 18 dove abita il collega, padre del bambino morto. Leo è un servo di quello Stato maledetto, ubbidiente alle direttive: bisogna dire a dei genitori in lacrime che non è vero che il bambino è stato trovato nudo, che non c’era nessuna orrenda lacerazione, che è stato un incidente.
Archiviata questa "bega" si deve occupare di "cose più serie e che competono al suo ruolo": inseguire e catturare la spia Brodskij. Dopo un inseguimento lungo lo cattura e lo riporta alla fattoria in cui abitano i contadini che lo avevano coperto (crimine mortale!). Lì lo attende il suo collega pronto ad uccidere i traditori con le loro figlie. È qui che l'antipatico Leo ci fa intravedere uno spiraglio di qualcosa di nuovo in lui, nel disgusto che prova quando vede uccidere i contadini a sangue freddo, e dopo, quando deve assistere alla tortura per far parlare Brodskij. Dopo la risoluzione del problema arriva il punto di svolta del romanzo: a Leo viene assegnato il compito di sorvegliare sua moglie. Il che significa denunciarla come spia. Oppure essere ritenuto suo complice. Decide di essere leale alla moglie perdendo così la posizione di prestigio, condannando anche i genitori a perdere tutti i vantaggi che il suo ruolo gli aveva procurato. Per cosa poi? Lealtà verso una moglie che troppo tardi gli confessa di averlo sposato solo perché aveva paura di lui e del suo ruolo.
Ci fosse solo questa traccia da seguire, si tratterebbe di un banale romanzo di indagine poliziesca; invece il romanzo diventa straordinario, profondo, angosciante e carico di tensione mentre segue il percorso di crescita di Leo che da legnoso personaggio sgradevole diventa sempre più terribilmente umano grazie all'avvilimento, alle privazione e alla sofferenza. La ribellione lo porterà all'esilio, ma questa volta Leo non subirà le scelte degli altri, perchè vorrà fare giustizia catturando il killer che ormai ha già barbaramente ucciso 45 bambini, tutti secondo lo stesso modus operandi.
Tom Rob Smith é stato capace di creare nel lettore la psicosi di essere sorvegliato, con il risultato di provocare una tensione fortissima. Un consiglio: iniziate il romanzo a fine settimana e annullate ogni impegno. Perché in ogni caso non vi terreste fede, vi dimenticherete di tutto, assorbiti nella lettura.
Bambino 44 è forse il thriller più esplosivo, più sinistro (ma soprattutto più politico) degli ultimi anni.
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