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COSI' SONO CAPACI TUTTI
Questo romanzo di Elizabeth George è portatore di un peccato originale che lascio in fondo alla recensione e che condiziona i punteggi che gli ho assegnato: ne parlo dopo per dedicarmi prima a una mia analisi del testo.
Partiamo dai difetti? Sicuramente chi mi ha preceduto nelle recensioni mi trova d'accordo.
Infatti, le 650 pagine del libro sono davvero esagerate per ciò che l'autrice aveva da dire: se su un piatto della bilancia mettiamo la trama e sull'altro la dimensione del libro, non può non nascere il sospetto che la George abbia voluto proporre al pubblico un volume corposo al di là delle reali esigenze di sviluppo della storia.
E' vero che le storie indimenticabili non sono mai corte ma lo è anche che non tutte quelle lunghe sono speciali.
Altro difetto è costituito dal motivo scatenante l'assassinio della ragazza: rispetto alla portata degli avvenimenti che la circondano, la causa escogitata dall'autrice appare campata per aria, come se, in mancanza di meglio e a corto di idee, avesse preso la prima venutale in mente.
Anche la definizione dei personaggi non mi ha convinto, come sempre accade quando, dopo aver letto un sacco di pagine, in testa non mi si sono dipinte le mie immagini personali dei visi e delle fisionomie dei personaggi: nella mia esperienza privata, quando questo processo non giunge a compimento significa che lo scrittore non è riuscito a lavorare nel mio inconscio con un'adeguata descrizione dei protagonisti della sua opera.
Anche i pony e i cani alla fine mi hanno un po' stufato, danno quasi l'impressione che siano gli amori dell'autrice e che abbia voluto propinarceli ovunque a tutti i costi.
E poi il colpevole viene comunicato un bel po' prima dell'epilogo, quando, invece, una bella sorpresa finale non fa mai male ( senza contare che già da una vita si era capito chi fosse Gordon Jossie ).
Pregi? Il libro si lascia leggere, non costringe ad interrompere la lettura, e arriva alla fine regalando anche momenti di piacere e desiderio di sapere cosa succederà dopo.
Se fosse tutto qui potrei anche consigliarlo: non un capolavoro, anzi, ma un'opera che, soprattutto se recuperata da un amico o in biblioteca, può risultare piacevole a costo zero.
Ma...c'è un ma.
Ma come si fa a prendere la storia del piccolo James Bulger e usarla tale quale per scrivere un libro e farci dei soldi? O si prende la storia vera e la si utilizza nel libro citando i fatti e i nomi reali, perpetuandone il ricordo e contribuendo a non farla dimenticare, oppure si fa frullare l'ingegno e si escogita una trama originale. Quel che non si deve fare è prendere un fatto di cronaca ( tra l'altro così raccappricciante ), scopiazzarlo alla grande cambiando due o tre particolari ( numero degli assassini, genitore che si fa rapire il figlio, qualcos'altro di insignificante ) e utilizzarlo per costruirci sopra un bestseller: alla fine la George cita addirittura Jon Venables e Robert Thompson accanto agli assassini fittizi del suo romanzo, come se niente fosse.
Speravo di trovare una qualche citazione nei Ringraziamenti: non avrebbe cambiato granché ma mi avrebbe addolcito la pillola e, invece, niente di niente, del piccolo Jamie non c'è traccia.
La verità, secondo me, è che questo libro gliel'hanno dettato praticamente loro, i due assassini di James Bulger, e, COSI', SONO CAPACI TUTTI.