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Un giallo ai tempi dello zar
Ci troviamo nella Mosca zarista del 1876; in un parco affollato un giovane si spara davanti agli occhi di una ragazza che poco prima gli aveva rifiutato un bacio. E' solo l'inizio di una inquietante catena di suicidi all'apparenza inspiegabili.
E' così che prende l'avvio questo bellissimo romanzo giallo di B. Akunin, uno scrittore russo assai conosciuto e stimato nella sua patria, ma anche molto apprezzato all'estero.
Il testo si snoda con coerenza, logica e colpi di scena fino alla conclusione finale, attraverso l'indagine di un investigatore , Erast Fandorin, del tutto particolare, perché alle prime armi e quindi privo di esperienza, alla cui mancanza supplisce con un acume non comune.
Il pregio dell'opera, però, è un altro: Akunin riesce a realizzare un vero e proprio miracolo, vale a dire rende possibile e di notevole impatto la coesistenza fra un genere minore come il giallo e la grande letteratura russa dell'Ottocento. Il risultato è una stupefacente qualità narrativa unita al fascino di una trama talmente avvincente che costringe il lettore a non concedersi un attimo di sosta sino a quando non sarà arrivato alla fine. Aggiungo che la ricostruzione storica è coinvolgente al punto di provocare nostalgia per un'epoca in cui non abbiamo certamente vissuto.
Tutto procede con una linearità sorprendente, senza forzature, senza brusche accelerazioni, in un'atmosfera di raro ed efficace fascino.
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Ma questa frase: "Aggiungo che la ricostruzione storica è coinvolgente al punto di provocare nostalgia per un'epoca in cui non abbiamo certamente vissuto"
Mi lascia piuttosto basita... il libro è ambientato nel pieno regime dello Zar, come si fa a sentire nostalgia per una dittatura del genere? ;_)) e per fortuna non abbiamo vissuto in quel periodo...