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I pilastri della terra
 
I pilastri della terra 2013-05-01 08:26:31 DieLuft
Voto medio 
 
2.5
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
DieLuft Opinione inserita da DieLuft    01 Mag, 2013
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C'erano una volta i pilastri della pazienza...

E' passato quasi un anno dall'ultima volta che presi in mano questo libro. Non avrei mai pensato di finirlo e, per mooolto tempo, ho accarezzato l'idea di inserirlo nella sezione "Romanzi abbandonati". Ma personalmente non amo lasciare le cose incompiute, specialmente se sono libri, specialmente se sono libri-sfida.
Di certo non si può dire che "I pilastri della Terra" non sia un romanzo ambizioso. Nonostante sia una storia romanzata, si percepisce che sotto la trama sussiste uno studio dell'epoca e credo sia possibile leggere un piccolo saggio di storia tra le righe. Mi limiterò a dire che "ambizione" è il sostantivo chiave di tutto il romanzo, la quale partendo proprio dalla penna dell'autore, percorre tutte le pagine fino all'ultima riga. E con la stessa parola apro e chiudo la parentesi di elogio a Follett.
Non posso negare di non aver apprezzato questo libro, come del resto non posso dire che mi sia piaciuto. Sarà un giudizio banale e superficiale, ma ciò che ha reso questo romanzo letteralmente snervante, è stata la sua eccessiva lunghezza. La prima metà del romanzo ti avvolge e ti coinvolge con i suoi misteri, con le varie relazioni e le trame che si tessono l'una con l'altra. Ma superata una certa soglia, tutta la magia scompare: il tempo rallenta fino a riprodurre la lentezza stessa dei ritmi medioevali e tutto il coinvolgimento lascia spazio alla noia. La seconda parte del romanzo entra come in fase di stallo, il tutto diventa prevedibile e il grande mistero annunciato dalle prime pagine viene dimenticato, sommerso da un mare di parole, capitoli e sottocapitoli.
Alcuni dei personaggi principali non hanno nulla di speciale, anzi per molti versi, mi hanno ricordato quelli delle favole ambientate in tempi pseudo-medioevali. La scorrevolezza non è male e nemmeno buona.
Non posso infine non dire che questo romanzo non abbia di per sé anche una buona dose di ambiguità. Ci sono determinate metafore architettoniche -ad esempio la costruzione della grande cattedrale di Kingsbridge o l'erigere costruzioni in generale- che non riesco ancora ad interpretare in modo mirato. Costruire enormi strutture è sinonimo dell'ambizione umana, la quale se troppa viene castigata dal fato; oppure costruire e riparare un edificio è metafora della costruzione e/o cura delle relazioni che una persona tesse, o per meglio dire, poggia mattone per mattone durante tutta la sua vita?

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