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Il male che giustifica il male
La bestia dentro è un romanzo giallo che rappresenta l’esordio di due scrittori danesi, Søren e Lotte Hammer, fratelli nella vita e collaboratori letterari nella loro attività narrativa.
E’ un thriller ambientato in Danimarca, che si avvale del format tipico di quel genere letterario, avendo come protagonista un commissario di nome Konrad Simonsen che viene richiamato urgentemente da una più che meritata vacanza insieme alla figlia da poco ritrovata, per il rinvenimento di cinque cadaveri all’interno della palestra di una scuola.
A trovare quei corpi sono due giovani studenti, che alla vista di quell’orrore rimangono giustamente sconvolti. Non si tratta di cadaveri comuni, bensì di corpi mutilati a cui sono stati tagliati genitali e mani, con i volti spappolati e resi irriconoscibili per qualunque operazione di identificazione. Sono cinque uomini di cui non si sa nulla e ciò che è più terribile è che il commissario Simonsen, insieme alla squadra omicidi di Copenaghen, nonostante abbia a disposizione ogni risorsa possibile, troverà molte difficoltà nel portare avanti questa indagine, consapevole del fatto che mancano prove ed indizi. Nel frattempo si diffonde la notizia attraverso i media e scoppia lo scandalo per il quale l’opinione pubblica più che sembrare intimorita da quegli omicidi efferati e senza nessuna spiegazione, comincia a mostrare un interesse macabro e sinistro per colui che ha compiuto quello scempio a tal punto che sembra quasi certa la notizia che dietro quelle morti ci sia la pedofilia. Il killer, quindi, sarebbe una sorta di punitore di quelle menti malate che hanno approfittato crudelmente di bambini e senza alcuno scrupolo e senza pensare minimamente alla legge, si autopromuove esecutore finale delle loro vite, decidendone arbitrariamente la fine.
Il tema affrontato dal romanzo è scabroso e scottante. Sappiamo quanto la pedofilia sia una argomento che brucia, fin troppo delicato e profondo per essere trattato con superficialità. Ma questo non è quello che accade nel romanzo, perché gli autori hanno creato una trama ben articolata, ricca di colpi di scena e di suspense, senza tralasciare la caratterizzazione dei personaggi, che seppur nella loro stereotipia, restano ben delineati e tutt’altro che poco convincenti. Lo stesso Simonsen è un uomo caparbio, di grande carica morale e etica, per cui non stenterà a chiedere aiuto a chiunque possa essere rilevante, pur di raccogliere più informazioni possibili sugli sconosciuti uccisi e soprattutto sulle reali motivazioni dell’assassino.
La trama s’infittisce ulteriormente quando il maggiore indiziato del caso, un bidello alcolista dal passato di ricco professionista, si uccide, negando a tutti la possibilità di trovare una risposta a quelle che ormai sono diventate troppe domande, a cominciare dalla strana campagna di antipedofilia che mette in piedi un giovane imprenditore, vittima in passato di abusi sessuali, che inquieta non poco sia la polizia che la gente. Tutto il romanzo, senza dubbio incentrato sulla violenza e sulla morte inspiegabile di cinque persone, conduce il lettore verso un unico finale, una tormentata domanda che fin dall’inizio serpeggia nelle coscienze di chiunque venga a conoscenza di questa orrenda storia di sangue e morte. Può la pedofilia, forse il male più grande di ogni tempo, giustificare un così efferato delitto? E chi è colui che si sente talmente al di sopra delle altrui coscienze da innalzarsi ad unico e insindacabile esecutore di così feroci e raccapriccianti condanne a morte?
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