Dettagli Recensione
Vediamo cosa bolle in pentola
Questo libro mi è capitato tra le mani per caso, e così, visto la numerosa pubblicità ottenuta grazie alla serie televisiva, ho deciso di leggerlo. Piuttosto che ad un romanzo assomiglia maggiormente ad un grosso pentolone in cui vengono mischiati vari ingredienti e da cui ne esce fuori soltanto una schifezza. Non che sia così orribile da non riuscire a leggerlo, ma sfogliando quelle pagine si incontrano personaggi troppo diversi l'uno dall'altro. Sono dell'opinione che i vampiri e le streghe siano due figure portanti nella letteratura di tutto il mondo, ma che non riesco a vedere bene inseriti insieme in uno stesso racconto. Per quanto riguarda il contenuto si trovano, sparsi qua e in la, stralci di diario che non sono stati scritti dal vampiro Stefan, come l'ingannevole titolo fa pensare, bensì dalla protagonista e ciò non mi è piaciuto affatto. Il testo di per sé è scorrevole, adatto a chiunque e di facile comprensione. Inoltre ho apprezzato la terminologia cupa, che riflette l'ambiente in cui ci si immerge, le descrizioni macabre degli avvenimenti che scuotono la città di Fell's Church e il costante sospetto che attanaglia la giovane, poiché aggiungono quel pizzico di granello in più di inquietudine e di paura che solitamente dovrebbero provare coloro che si accingono a leggere storie di questo calibro. Rispetto ai personaggi riesco a trovare soltanto dei difetti. Elena è la classica ragazza americana: occhi azzurri, capelli biondi, popolare a scuola, circondata da una “setta” di amiche e fidanzata con il giocatore di football della scuola. Dal carattere forte e sempre con la risposta giusta si fa rispettare da chiunque, tanto che le ragazze stanno alla larga da lei mentre i ragazzi le sbavano dietro. Ovviamente, come da copione, non manca neanche l'amica-nemica, che farà di tutto per attirare l'attenzione del povero Stefan e accendere così in Elena la fiamma della rivalità. Descritta in questo modo assomiglia ad un'oca senza cervello, ma in realtà si scoprirà che anche lei ha un cuore, che tutto il suo mondo non si basa sull'aspetto esteriore e che un cervello lo possiede, eccome! Purtroppo da piccola ha perso i suoi genitori e, quindi, è normale pensare che il suo comportamento sia dovuto a ciò. È come se Elena indossi una maschera di felicità, di spensieratezza che tende a nascondere il suo vero io, sopraffatto dal dolore della perdita. Invece, passando al secondo protagonista, Stefan sembra, anzi è la fotocopia inequivocabile di un altro vampiro che tutti conosciamo perfettamente: Edward Cullen. Chiuso nel suo mondo in piena solitudine, si ciba soltanto di animali, è bello e irrestitibile, ricco, è in grado di leggere nella mente e restio a lasciarsi andare con i sentimenti. L'unica differenza – per fortuna – è che non brilla al sole, anche se per girovagare liberamente per la città di giorno è costretto ad indossare un anello che lo protegge. Dal passato difficile, si legge che le sue origini sono italiane, figlio di un nobile fiorentino e fratello di Damon, il quale vive nella sua stessa condizione. Nonostante ciò sorge spontaneo domandarmi il motivo per cui nei romanzi odierni la figura del vampiro viene sempre associata, o fatta risalire, all'Italia. Che fine ha fatto la vecchia Transilvania di Stoker? Naturalmente fra i due sboccia una storia d'amore ed Elena diventa così, dal punto di vista caratteriale, più simile allla “Giulietta” di cui si innamora il vampiro della Meyer: disposta a tutto pur di stare con lui e tranquilla nell'accettare la sua natura. Insomma, non molto tranquilla, poichè la scena in cui viene a sapere la verità è composta da sani sentimenti di paura che ogni essere vivente proverebbe in tale situazione. Ringraziando qualche essere superiore alla scrittrice è venuto in mente un particolare che rende la storia un po' più intrigante, ovvero il fatto che la giovane Elena assomiglia alla figlia di un barone di cui, guarda caso, si era innamorato Stefan e non solo. In conclusione, questo primo libro della saga possiede aspetti che mi permettono di paragonarlo a Twilight, anche se le figure del corvo e delle streghe, i luoghi lugubri e qualche colpo di scena lo differenziano un po'. Tuttavia dopo aver scoperto che l'edizione originale del romanzo risale al 1991 è lecito chiedersi se non sia stata la Meyer a trarre spunti per dare vita alla sua saga. Pertanto, in questa confusione che mi assale, posso affermare di aver letto un buon libro, interessante per chi ama il genere e da approfondire soltanto per coloro che, spinti dalla curiosità come la sottoscritta, si sentono pronti a leggere altri quindici libri che completano, ma non finiscono, la saga.