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Deaver, una garanzia
Jeffery Deaver è uno scrittore “sicuro”: un libro scritto da lui non è banale, non tira via zoppicando verso il finale, non perde mai la carica di tensione emotiva e contiene sempre qualche pagina di vero terrore, quello che passa attraverso le pagine fino alla sensibilità di chi legge.
Mi è capitato di assistere alla lettura pubblica di alcuni brani dei suoi libri tenute presso università o convegni letterari, (in televisione e in inglese of course!) a dimostrazione che la sua prosa è un esempio di buona scrittura, anche se una volta tradotta in italiano questo aspetto non è più valutabile .
Questo libro non cambia il mio giudizio, ma neppure lo migliora. Nel senso che ho letto di meglio: il celeberrimo “Il collezionista di ossa” e tutti quelli che seguono con protagonisti il mitico investigatore Rhyme e la sua collaboratrice Amelia sono ricchi di pathos e di intelligenza, indimenticabili anche a distanza di molti anni.
Questo libro racconta invece una storia familiare: un avvocato ex procuratore, l’ex moglie bellissima, la figlia trascurata da entrambi che viene rapita dal suo analista. La polizia non crede al rapimento e ai genitori non resta che cercarla da soli. La parte più interessante del libro consiste nell’uso che l’avvocato e il rapitore sanno fare dell’oratoria. Entrambi campioni nell’utilizzo dell’eloquio per saggiare le emozioni e per modificare gli atteggiamenti e le sensazioni degli interlocutori si affronteranno in un duello di parole assai più interessante di qualche pistolettata tirata alla meno peggio.
Intendiamoci il libro è bello e mantiene costante l’attenzione, cosa che un giallo deve saper fare, solo che quando si è assaggiato il miele lo zucchero non sembra più così dolce.
[…]
“Dimmelo, Megan” insistette. “Parlami degli orsi”
“Non è importante”.
“Invece sì che è importante” la incalzò sporgendosi in avanti. “Ascolta. Tu sei con me, adesso. Megan. Dimenticati quello che ha fatto Hanson. Io non lavoro come fa lui, non brancolo nel buio. Io vado in profondità”.
Lei lo guardò negli occhi e si paralizzò come un cervo abbagliato dai fari di un’auto.
“Non preoccuparti” mormorò lui. “Fidati di me. E cambierò la tua vita per sempre”
[…]
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