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La storia tradita
Non è mia abitudine scrivere stroncature, perché se un’opera non mi piace, chiudo la pagina e penso ad altro; tuttavia, quando quel libro sembra raggiungere un successo planetario, faccio sempre un esame di coscienza per cercare di comprendere i motivi per cui invece il mio gradimento sia risultato nullo. A volte rileggo anche l’opera e poi, se secondo i miei criteri la stessa continua a non incontrare i miei favori, allora, e solo allora, parte la stroncatura.
Il lancio del Codice da Vinci è stato a suo tempo una grossa operazione di marketing, un bombardamento mediatico senza precedenti, tanto che a non comprarlo c’era quasi da vergognarsi. Personalmente non l’ho acquistato, ma in cambio me ne sono state donate tre copie da altrettanti soggetti diversi.
Ho iniziato a leggerlo con la miglior predisposizione in quanto supponevo fosse un romanzo storico del tipo di quelli scritti da Ken Follett e invece mi sbagliavo.
Si tratta di un thriller che parte con le migliori intenzioni e che poi lungo il percorso si sgonfia, infarcito di falsità e menzogne che nelle intenzioni dell’autore, tuttavia, sarebbero verità storica.
Ne ho segnate alcune che sono particolarmente eclatanti e che meritano un intervento.
Preciso tuttavia che Dan Brown è particolarmente bravo nel raccontare delle mezze verità adattandole pro domo sua.
In particolare mi riferisco al fatto che Gesù non sia morto sulla croce, che avesse sposato Maria Maddalena e che da questa unione fossero nati dei figli capostipiti di una discendenza regale, i Merovingi. La notizia non è nuova, perché appare in un testo precedente, scritto da tre inglesi, Il Santo Graal, pubblicato in lingua italiana sempre da Mondadori nel 1982. Non solo, però, perché questa supposta verità risulterebbe da un numero consistente, anche se imprecisato, di documenti messi al sicuro da una società segreta (Il Priorato di Sion). Al riguardo nel libro di Brown si precisa che questo Priorato è una setta realmente esistente; del resto nel 1975 presso la Biblioteca Nazionale di Parigi sono state trovate alcune pergamene conosciute come Les Dossiers Secrets in cui sarebbero contenute queste stravolenti rivelazioni. Tuttavia si tratta di falsi, come ammesso dagli stessi compilatori. Del resto il Priorato di Sion è stato fondato nel 1956 da Pierre Plantard, e cioè non molti secoli prima, e dalla sua costituzione è stato caratterizzato dalla produzione di diversi documenti, vere e proprie falsificazioni, tese a ripristinare la monarchia in Francia, di cui, guarda caso, per discendenza merovingia, Plantard sarebbe stato il legittimo pretendente. In questa tela di ragno sono ricompresi anche Les Dossiers Secrets, opera dello stesso Plantard, sul cui contenuto, in buona fede, anche se con pochi scrupoli, i tre inglesi fecero affidamento per scrivere Il Santo Graal. Ora, all’epoca in cui invece Dan Brown provvide a stilare il Codice Da Vinci, la falsità di quei dossier era già nota ed è quindi evidenti che o lui non lo sapeva, oppure che ha preferito ignorarlo.
Nella seconda ipotesi non è improbabile che lo storico inglese volesse screditare la Chiesa cattolica, ma ci si domanda, e non si ha risposta, perché mai, con tanti fatti negativi che possono essere imputati all’istituzione ecclesiastica, si sia preferito costruirne uno fasullo. L’ipotesi, mia, è che fanno molto più notizia presunte rivelazioni su ciò che è alla base della chiesa, magari smitizzando la figura del Cristo, non più divina, ma semplicemente terrena. Ma, se anche fosse, cosa cambierebbe? Un ateo troverebbe una parziale conferma alle sue teorie, ma non potrebbe in ogni caso negare il pensiero sociale e spirituale di un Cristo uomo, pensiero la cui valenza è inalterata da duemila anni e lo sarà per sempre.
Per il resto il thriller è di modesta levatura, troppo veloce e semplicistico nella conclusione, insomma non è più di un normale prodotto di intrattenimento, eppure è stato un best seller incredibile. Sono quasi sicuro però che una gran parte di chi lo ha letto non se ne ricordi più, oppure ne abbia una vaga memoria come di una qualche cosa che doveva essere per forza bella perché tanti, ma veramente tanti, la leggevano.
Non mi sento però di sconsigliarne la lettura, purché la stessa venga eseguita con spirito critico, senza restare abbagliati da rilevazioni spacciate per verità e che invece sono solo dei grossolani falsi.
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Commenti
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paola
Un giallo è intrattenimento, fantasia, genialità, ritmo, suspence, magia, fascino e "Il codice Da Vinci" è, giudicato coi giusti parametri, un vero e proprio capolavoro.
Affermare che è un thriller di modesta levatura come dici tu è davvero insostenibile, mi dispiace: va bene volersi distinguere dalla massa che l'ha comprato ma sminuirlo in questo modo realmente inverosimile è impossibile.
Scusa la franchezza, io sono abituato a rispettare le opinioni di tutti in quanto il piacere che un libro ci dà è del tutto soggettivo, ma dire che questo libro è "...di modesta levatura, troppo veloce e semplicistico nella conclusione, insomma non è più di un normale prodotto di intrattenimento" non sta né in cielo né in terra: elencami un po' di gialli di discreta, buona, ottima ed eccelsa levatura rispettivamente e poi discutiamo serenamente di come questo sia invece, rispetto a quelli della tua lista, modesto.
Ciao!
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Ti dirò di più, non ho acquistato il libro,e, non ricordo se ho avuto modo di leggerlo, ricordo vagamente il film che ne è seguito.....
Hai ragione su tutta la linea!
Ciao