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Gli hot dog di boulevard de Ménilmontant
C'è sicuramente del buono in questo romanzo della Nothomb, costruito su dialoghi serrati e farcito, soprattutto all'inizio, di battute politicamente scorrette e ironia demenziale.
Lo stile asciutto e tagliente di certe frasi somiglia a quello dei “Racconti del terrore” di Edgar Allan Poe, e la stessa figura ambigua del protagonista ricorda per certi versi lo scrittore americano.
Eppure qualcosa non mi ha convinto. In meno di ottanta pagine mi aspettavo solo il concentrato del meglio all'ennesima potenza, invece accanto a frasi mordaci spuntano banalità che smorzano tutto l'effetto, forse difficili da evitare in una narrazione “botta e risposta” senza capitoli né paragrafi. Ma tant'è.
L'opera a mio parere meritava maggiore attenzione nelle rifiniture, non l'ho trovata abbastanza ben congegnata per essere un thriller degno di questo nome. La trama poi è un po' stiracchiata, al limite del dilettantesco, oltre che poco originale.
A salvare la forza del libro è un certo gusto per l'eccentrico sempre in agguato: esistono davvero gli hot dog di boulevard de Ménilmontant, vicino al cimitero del Père-Lachaise, a cui non si può proprio rinunciare, a rischio di perdere di vista l'amore della propria vita?
E ancora: siamo sicuri di non avere dentro di noi quella “forza oscura” che potrebbe persino indurci a mangiare vomitevole pappa per gatti?
Queste e altre domande di “abissale profondità”, che più di un lettore si sarà probabilmente posto, rendono comunque il romanzo degno di essere letto.
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