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UN GIALLO PARADIGMATICO
Uno svedese tira l'altro, potrei dire visto che ho appena recensito "Uccidete il drago" di Persson.
Lo confesso subito, "Freddo Sud" mi è piaciuto sicuramente di meno però leggerlo non è tempo buttato, anzi si tratta di ore spese bene sia per la piacevolezza che ne deriva che per l'analisi che permette di condurre: per questo l'ho definito "paradigmatico", perché nel bene e nel male mette in mostra delle caratteristiche che, a mio avviso, è interessante esaminare.
E' esemplare in termini positivi poiché l'accuratezza dell'attività di documentazione e la cura dedicata alle descrizioni emergono immediatamente e costituiscono le basi su cui poggia l'impianto narrativo costruito dalla Marklund: io dopo qualche decina di pagine volevo prendere l'aereo e andare a svernare in Costa del Sol.
I personaggi stessi non sono figure artificiali messe lì per svolgere il loro ruolo come dei burattini ma sono caratterizzati con attenzione e umanizzati, lo sforzo è evidente.
Parimenti, è evidente come la trama comprenda quegli elementi che a mio avviso sono fondamentali nella creazione di una storia memorabile: il passato che torna a galla per condizionare il presente, l'amore, il sesso ( ora luminoso ora torbido ), la vendetta, la verosimiglianza dei fatti e la logicità di una soluzione che deve svelarsi solo alla fine e così via.
Gli ingredienti ci sono tutti e il libro l'ho terminato alla svelta ricavandone un certo piacere.
Ma è una storia indimenticabile che mi resterà nel cuore? Ebbene no.
Quello che manca è il calore, non c'è niente da fare: le 508 pagine sono attentamente curate e rifinite ma non trasudano passione, forza dei sentimenti, squallore, disperazione. Per quanto mi riguarda non sono riuscito a vivere con trepidazione questo intreccio: con interesse sì ma senza trasporto.
E anche ciò è esemplare poiché sono presenti tutte le componenti necessarie ma manca quel quid capace di renderle anche sufficienti a generare un'opera memorabile.
E poi c'è una cosa che secondo me si nota: l'autrice fa lo stesso lavoro della protagonista e, quindi, è un po' caduta nella tentazione di indugiare troppo sugli aspetti professionali di un lavoro che conosce troppo bene.
Più leggo gialli svedesi più ravviso questa sorta di freddezza ( che non trovo, ad esempio, in tante storie di matrice britannica ): forse è per questo che il "terribile" Bäckström tratteggiato da Persson mi è piaciuto così tanto, perché lui è un personaggio pulsante.
Non è tempo sprecato, comunque, è un libro che può insegnare qualcosa.