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L'uomo che odiava i martedì
 
L'uomo che odiava i martedì 2013-03-14 12:45:31 ChiaraLotus
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
ChiaraLotus Opinione inserita da ChiaraLotus    14 Marzo, 2013
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La peggio gioventù

ATTENZIONE: ANCHE SE NON è RIVELATO NULLA CHE POTREBBE AIUTARE A TROVARE IL COLPEVOLE, CI SONO INDICAZIONI SUI PERSONAGGI E LE VICENDE CHE POTREBBERO ESSERE CONSIDERATE SPOILER.

Ho finito di leggerlo proprio ieri sera e oggi in pausa pranzo sono andata a comprare un altro romanzo, sempre di Hakan Nesser. La mia lettura è sempre stata "a fasi": questa è quella thriller.

Ma Nesser offre un pacato compromesso: i suoi libri non narrano storie intricratissime e pieni di pathos.
Nonostante vengano raccontate delle indagini, esse rappresentano solo un "minimum" rispetto alla totalità della narrazione.

L'attenzione è rivolta soprattutto alla psicologia dei personaggi, alle loro storie individuali.

Maria e Germund, le due vittime, sono tratteggiate nei dettagli. Lei attraverso una - seppur alternata - narrazione in prima persona. E lui, filtrato dagli occhi a volte ammirati e a volte critici degli amici. Un personaggio enigmatico. Antieroico ma comunque impossibile da odiare, proprio grazie agli sprazzi di dolcezza che ogni tanto ci regala, capaci di riscaldare seppur debolmente il cuore e far nascere un sorriso.

Per non parlare poi di Gunnar Barbarotti, ispettore che fonde in sè due diversi popoli. Da un lato, razionalità e freddezza tipicamente nordici. Dall'altro, la passionalità e la verve di un italiano doc, capace di essere geloso ... anche dei morti!

Interessantissimi, a mio avviso, due motivi all'interno del libro:

- Una riflessione teologica su cosa valga la pena di ricercare, all'interno di questa vita. La felicità, oppure il senso? Possono esistere l'uno senza l'altro, oppure sono strettamente connessi?

- Una distinzione concettuale fra la fede che nasce da un profondo bisogno di assoluto e la religione ideata dagli uomini e costituita da istituzioni e dogmi. "Ho abbandonato la religione per non perdere la fede", dice l'uomo che odiava i martedì, spiegando il motivo per cui ha deciso di abbandonare il sacerdozio.

Abbiamo un prete che perde la fede ed un poliziotto che lentamente la ritrova, forse più per "necessità" che per effettivo sentore interiore. Il rapporto con il divino è un tema molto importante e il lettore non può fare a meno di riflettere sul proprio intimo e razionale modo di rapportarsi con la spiritualità.

Unica pecca del romanzo: il traumatico evento che ha portato all'allontanamento del gruppo di amici non assume adeguato spazio all'interno della trama, rimane in un certo senso asettico. Non ha un ruolo fondamentale, secondo me. E l'unico "merito" è quello di far impazzire una delle protagoniste.

Buona lettura

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
I "pilastri" del thriller scandinavo
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