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R e Julie: Giulietta e Romeo?
L’umanità è ormai ridotta a poche migliaia di unità: uomini e donne rinchiusi in fortilizi di resistenza, protetti da milizie armate con l’occhio fisso verso l’esterno, verso le città ormai abbandonate e invase dall’altra parte dell’umanità, quella colpita dal morbo terribile della non-morte. Un po’ “Deserto dei Tartari”, un po’ “Io sono leggenda”.
Fuori dai fortini i Non-morti sono sempre a caccia di Vivi, unico sostentamento e rimedio alla fame atroce che li divora. La carne calda e pulsante, il sangue denso e dolce sono il carburante per proseguire la non-vita ed evitare la Morte, quella definitiva.
Chi viene morso e mangiato diventa a sua volta un Non-morto ma quando anche il cervello viene divorato, allora è morte certa e definitiva.
E il cervello è davvero un bel bocconcino, perché contiene la scintilla di una vita che, sulla lingua del Non-morto diviene sapido ricordo e fuggevole palpito di ciò che ha perso: un susseguirsi veloce ed eccitante di immagini ed emozioni dimenticate.
R, un Non-morto, nel corso di un attacco a un avamposto dei Vivi, uccide e divora Perry, un ragazzo più o meno della sua età che tenta di difendere la sua ragazza, Julie.
Un piccolo morso al cervello di Perry e R sente scorrere dentro di sé una scossa e insieme il bisogno imperioso di salvare Julie, non solo da se stesso ma anche dai suoi simili, e di portarla con sé, di tenersela accanto, di aspirarne l’odore di buono, di vita.
Così comincia il breve romanzo da cui hanno da poco tratto un film.
Direte: Nightmare? Zombi e scene truculente? Roba vecchia e neppure troppo divertente.
E invece no.
C’è il profondo desiderio di tornare alla vita, a quella vera, quella che fa scorrere il sangue nelle vene e l’aria nei polmoni. La vita di profumi e sentimenti. La vita che si sta spegnendo a causa di quella epidemia di non-morte che sta spopolando la terra: perché quando l’ultimo Vivo sarà divorato da un Non-morto, tutti quanti saranno destinati a scomparire e il mondo diventerà un silenzioso deserto inabitato.
I sentimenti sono ormai zavorra inutile da una parte e dall’altra della barricata, difficile coltivarne quando il domani è così fragile e insondabile, quando la morte è divenuta costante di vita. Ma sono proprio i sentimenti quelli che possono cambiare il corso della storia e dare un senso alla vita di tutti.
Non ho letto nessuno dei moltissimi libri (o visto film) così di moda su vampiri e zombies, non posso quindi fare paragoni, ma posso dire che il libro è molto gradevole e scorrevole, raccontato con prosa vivace semplice e immediata.
Solo a tratti e raramente si avverte come una sospensione, un rallentamento, che forse è causato dalla riscrittura che l’autore ne ha fatto quando è stato sollecitato a trasformare un suo racconto breve in romanzo. Ma per quasi tutto il tempo l’azione risulta scorrevole e non forzata.
Non so come le immagini di questo futuro apocalittico siano state rese sul grande schermo, ma mi auguro che il regista abbia rispettato l’anima del romanzo che non si basa su scene truculente ed effetti speciali terrificanti – pur presenti - ma piuttosto sulla psicologia, le sensazioni e i sentimenti dei personaggi che fanno assomigliare il racconto più a una fiaba per adulti (la bella e la bestia?) che non a un horror.
[…] Forse siamo immortali, non lo so. Il futuro per me è confuso tanto quanto il passato. Non posso fare finta che me ne importi di qualsiasi cosa stia a destra o a sinistra del presente, e il presente non è esattamente una priorità. Si potrebbe dire che la morte mi abbia rilassato.[…]
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