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Senza infamia né lode
Romanzo senza infamia né lode. La costruzione narrativa riprende il modello del thriller-storico che ricorda molto lo stile di Dan Brown, anche nella scelta del finale “bomba” che dovrebbe essere particolarmente scioccante, ma senza ottenere lo stesso risultato di suspense e coinvolgimento. Il tema su cui si incentra l’indagine investigativa è molto interessante e, benché per i cultori di William Shakespeare le teorie sulla sua vera identità non saranno nuove - trattate contemporaneamente nel recente film Anonymous diretto da Roland Emmerich (2011) -, ha comunque una sua originalità e intriga il lettore.
La parte investigativa è l’aspetto migliore del libro e il motivo per cui lo consiglierei agli amanti del genere e del Bardo. Tuttavia la lettura non è sempre scorrevole, a tratti, forse per colpa della traduzione, alcuni dialoghi e passaggi narrativi risultano un po’ confusi. Inoltre, anche se l’idea di base è ottima, alcune situazioni nello svolgersi della storia paiono ripetersi, come a dover allungare per forza il libro, col risultato di appesantire a lettura fino a farla diventare a tratti quasi noiosa e rallentandone il ritmo.
La caratterizzazione dei personaggi, poi, non sempre aiuta. Alcuni, e non i protagonisti, sono degni di nota: il libraio Blodgett, per esempio, è facile immaginarselo e simpatizzare con lui. Così come l’insolito fisico Sunir. Il protagonista Jake Fleming, invece, giornalista del San Francisco Tribune con un passato dissestato e una gastrite cronica ma un fiuto da segugio, benché sia in parte interessante ed efficace nel suo ruolo, dall'altro scade un po’ di mordente, soprattutto quando si trova a interagire con la figlia Melissa. Melissa, giovane studentessa di lettere e aspirante attrice di teatro, viene coinvolta nell’indagine e assume il ruolo di eroina femminile, ma da come si presenta e si comporta, nonostante la fulgida bellezza da rintronare qualsiasi uomo e mettere persino in imbarazzo il padre, il suo livello culturale e quella che dovrebbe essere intelligenza, risulta più altezzosa e arrogante che furba. Suscita profonda (ma davvero profonda) antipatia.
Il rapporto conflittuale e complicato tra padre e figlia è un altro elemento che in alcuni punti rallenta il procedersi dell’inchiesta investigativa, per il modo, anche in questo caso, ripetitivo con cui viene inserito nel racconto (spesso sono usate identiche espressioni per descrivere la comunicazione e le reazioni dei due, e gli stessi concetti), senza però che serva a dare maggiore spessore ai personaggi o alla storia.
Altro punto di forza è invece l’ambientazione: una Londra descritta in modo impeccabile, capace di creare e immergere il lettore in un’atmosfera adatta al genere di storia.
Nel complesso non si può dire che sia la migliore pubblicazione della Newton Compton, anche all'interno della stessa collana, ma nemmeno la peggiore; il romanzo è strutturato su di una buona idea di base in grado di accattivarsi l’attenzione del pubblico, ma certo non è una thriller molto scorrevole, veloce, né una lettura leggera, per stile di scrittura. Personalmente mi ha deluso, forse anche per le aspettative create dalla pubblicità che ne ha preceduto l’uscita.